I Goti prima di Adrianopoli: la svolta di Costantino
I rapporti tra i Goti e i Romani cambiano radicalmente con il dominato di Costantino, il quale effettua diverse spedizioni al di là del Danubio per garantire la sicurezza della neonata Costantinopoli
[276-322] Una relativa tranquillità
Dopo le quattro grandi scorrerie del terzo secolo ci fu un periodo di relativa pace lungo le rive del Danubio. L’imperatore Probo riuscì a mantenere il controllo dei confini1Storia Augusta, Probo, 16-18; CIL XI, 01178 e avviò anche una delle prime ricollocazioni di popolazioni barbare in territorio romano stanziando centomila Bastarni in Tracia2Storia Augusta, Probo, 18; Zosimo, Storia Nuova, I, 71, 1. Se in questo cinquantennio la situazione nei Balcani fu relativamente tranquilla, al di là del Danubio l’arrivo di un nuovo popolo portò numerosi cambiamenti.
Giordane nella sua Storia dei Goti narra di come i Goti abbandonarono la Scandia su tre navi e come una di queste fosse molto più lenta rispetto alle altre finendo distaccata e approdando in ritardo alla foce del Vistola. Questi Goti ritardatari presero il nome di Gepidi, i lenti. Giordane si interroga se furono gli stessi Gepidi a darsi questo nome oppure gli fu dato dai loro cugini Goti per sottolineare la loro lentezza fisica e pure mentale3Giordane, Storia dei Goti, 94-97.
Dopo essere approdati in ritardo alla foce del Vistola i Gepidi si spostarono a sud e nei primi anni del quarto secolo entrarono nell’abbandonata Dacia, la quale era occupata dai i Goti e dalla popolazione germanica dei Taifali. Questi pressati dai Gepidi dovettero abbandonare le proprie terre e spostarsi verso i Carpazi scacciando Carpi, Paukini e Vandali; però la penetrazione dei Gepidi fu così profonda che i Goti furono divisi in due distinti gruppi: lungo l’alto corso del Dnestr i Tervingi vestici, mentre sul basso corso i Greutungi ostrogotici4Panegirici Latini, III (XI), 17, 1; Eutropio, Storia di Roma, VIII, 2, 2.
[322-337] I Goti, Costantino e la crisi della tetrarchia
Diocleziano nel 284 avviò una divisione funzionale e territoriale dell’Impero in due parti (diarchia) e successivamente in quattro (tetrarchia). Il limes danubiano fu frammentato con un tremendo impatto sulla sua difesa, perché mai ci fu collaborazione tra i diversi tetrarchi, i quali preferirono combattersi a vicenda o come accadrà più tardi addirittura favorirono gli attacchi dei barbari a quella parte del limes gestita dal loro collega – avversario.
Il 322 fu l’anno della crisi finale della tetrarchia: i due Augusti Costantino e Licinio lottavano per diventare l’unico imperatore con il primo che spostava le sue truppe nell’Illirico e il secondo che sgombrava la Tracia e la Mesia ritirandosi nell’odierna Anatolia. I Goti e i Sarmati approfittarono di tutto ciò per saccheggiare le due provincie abbandonate da Licinio, però furono respinti da Costantino, che scavalcò l’autorità del suo collega – avversario ed entrò in Tracia5Anonimo Valesiano, I, 5, 21; Giovanni Lido, De magistratibus, II, 10, per giunta ordinò di non pagare più il tributo annuale ai Goti e assoldò numerose bande di mercenari6Giovanni Lido, De magistratibus, III, 31; 40, quarantamila Goti secondo Giordane7Giordane, Storia dei Goti, 111-112. Alla battaglia di Crisopoli del 324, alla resa dei conti tra Costantino e Licinio, entrambi gli Augusti furono accompagnati da numerosi mercenari e ausiliari Goti8Accanto a Licinio ci fu il principe goto Alica. Anonimo Valesiano, I, 5, 27; Giordane, Storia dei … Continue reading. Licinio sconfitto fuggì a Tessalonica, dove fu ucciso proprio dai suoi mercenari Goti che presentarono la sua testa a Costantino per chiedere perdono della scelta del cavallo imperiale sbagliato9Giordane, Storia dei Goti, 111.
Costantino il vincitore decise di fondare una nuova città sul Bosforo, una nuova capitale che avrebbe portato il suo nome. La fondazione di Costantinopoli portò al rafforzamento del limes: furono costruite nuove fortezze tra cui una su un isolotto del fiume Argus collegata alla riva con un ponte di chiatte10Chronicon paschale, 328 e un’altra sul basso corso del Danubio per poter controllare la Transilvania; inoltre furono gettati diversi ponti sul Danubio tra cui uno in pietra per collegare Oescus a Suciodava.

La grande offensiva di Costantino del 334
«E forse non c’è nemmeno bisogno che io aggiunga altre notizie su come sottomise le tribù barbare all’autorità di Roma, e su come proprio lui riuscì a soggiogare popolazioni come quelle degli Sciti o dei Sarmati, che mai prima di allora avevano imparato a sottomettersi, costringendoli, contro la loro volontà, a riconoscere i Romani come padroni. Gli imperatori precedenti, infatti, pagavano tributi agli Sciti, e i Romani erano così asserviti ai barbari con il versamento di pagamenti annuali. Queste condizioni erano però intollerabili per l’imperatore, né egli, il vincitore, riteneva opportuno versare la stessa quantità di danaro dei suoi predecessori, e, confidando nel suo Salvatore, levò anche contro costoro il trofeo vittorioso e in poco tempo li sottomise tutti, ora riconducendo alla ragione i riottosi con la forza delle armi, ora ammansendo gli altri con ambascerie ragionevoli, e mutò in meglio le loro condizioni di vita, facendole passare, da prive di leggi e selvagge che erano, alla civiltà e alla legalità. In tal modo dunque gli Sciti riconobbero il dominio dei Romani.»
Eusebio di Cesarea, Vita di Costantino, V, 1-2
Il rafforzamento del limes fu accompagnato anche da numerose spedizioni in territorio barbarico da parte dell’imperatore e del suo figlio sedicenne Costantino, tanto che l’imperatore poté forgiarsi dei titoli di Sarmaticus Maximus, di Gothicus Maximus e di Dacicus Maximus, e addirittura vantarsi di aver riconquistato la Dacia perduta11Aurelio Vittore, I Cesari, 41, 18; Pseudo Vittore, Epitome, 43, 13; Eutropio, Storia di Roma, X, 7, … Continue reading. Una delle ultime spedizioni nacque dalla richiesta di aiuto dei Sarmati per respingere i Goti e i Taifali. Gli storici cristiani e in particolare Eusebio di Cesarea presentarono le spedizioni di Costantino come una missione civilizzatrice, la quale avviò la conversione dei pagani barbari al cristianesimo12Atanasio, Apologia contro gli Ariani, 86 e davvero questi furono gli anni in cui il cristianesimo iniziò a diffondersi tra i Goti. Costantino sconfisse nettamente i Goti e forse solo i Taifali riuscirono a infastidirlo con un improvviso attacco alla retroguardia13Ciò è affermato da Zosimo che parla addirittura di una sconfitta romana, molto probabilmente … Continue reading. Costantino impose nuove condizioni ai Goti e forse addirittura regolarizzò il rapporto con loro, ma questo non vuol dire che fu concluso un trattato egualitario. I Goti dovettero consegnare degli ostaggi14il re Ariarico e suo figlio. Anonimo Valesiano, I, 31, fornire doveri militari in cambio di un’annona foedetaria – o maliziosamente un qualcosa di simile al vecchio tributo15L’imperatore Giuliano sottolinea che questa annona era il semplice tributo. Giuliano, I … Continue reading, e ricevevano terre in territorio romano con la garanzia di una netta autonomia. I Goti erano diventati ufficialmente foederati16Secondo Giordane foederati non ufficiali furono al tempo di Filippo l’Arabo. Giordane, Storia … Continue reading, alleati dell’Impero, un serbatoio di soldati per l’esercito romano con alcuni stanziati lungo le rive del Danubio per controllare i loro vecchi fratelli. Un piccolo problema sorse negli anni successivi dato che i Goti non erano abituati alle sottigliezze burocratiche romane, erano convinti di aver stretto un trattato non con Roma, ma con Costantino l’imperatore e la sua stirpe.
Nei giorni successivi alla fine della conclusione della spedizione di Costantino scoppiò una guerra interna tra i diversi gruppi di Sarmati: gli Argaraganti, coloro che avevano chiesto precedentemente l’intervento di Costantino furono scacciati dai loro “schiavi”, i Limiganti, gruppi Sarmati subalterni agli Argaraganti, i quali erano stati armati per combattere i Goti e i Taifali. I Sarmati esuli si divisero in due gruppi: uno si spostò in Boemia e chiese rifugio alla tribù cugina dei Victoali17Ammiano Marcellino, Storie, XVII, 12, 19, l’altro si spinse fino alle rive del Danubio e lì chiese umilmente all’imperatore di potersi stabilire in territorio romano promettendo fedeltà e uomini. Costantino concesse ciò facendo stabilire i Sarmati come coloni nei pressi di Castra Martis18Giordane, Storia dei Goti, 265, benché diversi autori affermarono di una loro distribuzione anche in Mesia, in Pannonia e addirittura in Italia19Eusebio di Cesarea, Vita di Costantino, IV, 6; Optanzio, Carmi, 18, 11-12; Anonimo Valesiano, I, … Continue reading; infine consentì ai Sarmati Limiganti di potersi stabilire a nord del Danubio proteggendoli dagli altri gruppi di Sarmati. Quando una cinquantina di anni dopo saranno i Goti a chiedere tutto ciò le conseguenze saranno devastanti.
[353-359] Un anticipo di Adrianopoli
La pace e il trattato imposti ai Goti da Costantino funzionarono abbastanza bene fino ai primi anni del dominato di Valente; ma ora è necessaria una piccola digressione sui Sarmati, perché durante il dominato di Costanzo II, terzogenito e successore di Costantino, avvenne un qualcosa simile a ciò che porterà al disastro di Adrianopoli anni dopo. L’unico storico contemporaneo agli eventi che descrive tutto ciò è Ammiano Marcellino, il quale è meno chiaro del solito e in alcuni punti sembra anticipare eventi successivi in particolare quelli legati ad Adrianopoli.
Nella primavera del 358 Costanzo II decise di reagire alle scorrerie dei Sarmati e dei Quadi in Mesia e in Pannonia, marciò verso l’alto corso del Danubio, costruì un ponte di barche ed entrò in territorio barbarico devastandolo20Ammiano Marcellino, Storie, XVII, 12, 1-4. Sconfitti in più battaglie i Sarmati e i Quadi chiesero la pace implorando di essere trasferiti all’interno dell’Impero o addirittura l’annessione delle loro terre. Costanzo II rifiutò tutto ciò, si limitò alla solita ramanzina e alla solita consegna di ostaggi lasciando gli sconfitti a sopravvivere in una terra devastata21Ammiano Marcellino, Storie, XVII, 12, 12. Successivamente l’imperatore si rivolse anche ai Sarmati Limiganti giudicati maggiormente colpevoli delle loro scorrerie per aver tradito il patto precedente con Costantino22Ammiano Marcellino, Storie, XVII, 13, 1-2.
I Sarmati Limiganti consapevoli del prossimo arrivo di Costanzo II si erano spostati a Oriente stabilendosi alla confluenza tra il Danubio e il Theiss, in una zona paludosa circondata da salici e di difficile accesso23Ammiano Marcellino, Storie, XVII, 13, 4. Costanzo II marciò verso i Limiganti e li massacrò con l’aiuto dei mercenari Sarmati e Taifali. I superstiti di questo massacro furono schiavizzati o morirono attraversando a nuoto il Danubio; mentre coloro che non parteciparono alla battaglia si arresero e furono deportati nelle terre dei Sarmati. Per la sua vittoria Costanzo II fu acclamato per la seconda volta Sarmaticus Maximus24CIL 03, 12483.
L’anno successivo Costanzo II dovette abbandonare Sirmio e marciare di nuovo verso le rive del Danubio, perché i Limiganti avevano abbandonato le loro terre e si erano stabiliti lì25Ammiano Marcellino, Storie, XIX, 11, 1. In un primo momento l’imperatore scelse la via del dialogo mandando due tribuni tra i Limiganti per comprendere il motivo della loro disobbedienza e per convincerli a tornare indietro senza l’uso delle armi26Ammiano Marcellino, Storie, XIX, 11, 5. I Limiganti si giustificarono in vario modo, ma soprattutto chiesero la possibilità di attraversare il Danubio: erano disposti a essere insediati nelle parti più remote dell’Impero oltre a fornire i migliori giovani per l’esercito27Ammiano Marcellino, Storie, XIX, 11, 6. Costanzo II accettò le richieste dei Limiganti, felice non solo di aver evitato una guerra inutile e dispendiosa, ma soprattutto aver ricevuto un serbatoio di future reclute, così da spingere i provinciali a pagare il tributo in oro come esenzione per il servizio militare. L’imperatore ordinò la costruzione di un terrapieno e di una trincea per poter osservare le operazioni di attraversamento del Danubio, inoltre ordino alla flotta fluviale di gestire ciò28Ammiano Marcellino, Storie, XIX, 11, 7-8. I Limiganti attraversarono il fiume e si trovavano sotto il terrapieno pronti ad ascoltare il discorso dell’imperatore, ma all’improvviso sguainarono le spade e assaltarono il terrapieno. L’imperatore fu tratto in salvo solo dall’intervento della sua guardia personale e dalla fuga su un cavallo veloce; quando successivamente intervenne l’esercito fu l’ennesimo massacro, un massacro che fece scomparire i Limiganti dalla storia29Ammiano Marcellino, Storie, XIX, 11, 17-18.




Costruzione di una fortificazione per respingere le incursioni dei Goti, costruita tra il 337 e il 340 d.C.
[337-364] I Goti fedeli alleati dei Costantinidi
Costanzo II non affrontò grandi scorrerie dei Goti, anzi la cavalleria gota e quella dei Taifali lo aiutò nella gestione e nel massacro dei Limigantes30Ammiano Marcellino, Storie, XVIII, 13, 19-20. Quando il cugino Giuliano si proclamò imperatore Costanzo II iniziare a stringere nuovi accordi con i capi dei Goti garantendosi una Tracia tranquilla e numerose bande mercenarie31Ammiano Marcellino, Storie, XX, 8, 1. L’imperatore morì di malattia nella capitale e non affrontò mai Giuliano, il quale disprezzava così tanto i Goti da definirli utili solo per essere venduti ai mercanti di schiavi32Ammiano Marcellino, Storie, XXII, 7, 8. Il disprezzo di Giuliano verso i Goti era strettamente collegato all’odio verso Costantino, il quale secondo il nuovo imperatore aveva sprecato uomini e mezzi per una riconquista breve e inutile della vecchia Dacia, tutto ciò perché voleva essere ricordato come un nuovo Traiano33Giuliano, I Cesari, 329A. Ovviamente tutto questo disprezzo non impedì a Giuliano di utilizzare i Goti durante la sua sfortunata spedizione contro i Sassanidi34Ammiano Marcellino, Storie, XXIII, 2, 7; Eunapio, Storia, Frammenti 22, 1.
Giuliano morì inseguendo il suo sogno, ovvero sconfiggere definitivamente i Sassanidi, saccheggiare la loro capitale, superare Costantino e il cugino Costanzo, diventare davvero un nuovo Traiano o un nuovo Augusto. Il nuovo imperatore Gioviano durò pochissimo, giusto il tempo di stringere una pace disonorevole con i Sassanidi e di riportare in territorio romano i resti della spedizione di Giuliano. Il successore Valentiniano ridivise l’impero affidando l’oriente a suo fratello Valente, ma qualcuno non fu d’accordo. Un parente di Giuliano di nome Procopio corse in territorio gotico, si dichiarò l’unico erede dei Costantinidi e chiese ai Goti di supportarlo contro i due fratelli usurpatori promettendo terre e nuovi denari.
Ma questa è un’altra storia, la storia che condurrà al disastro di Adrianopoli…
Bibliografia
- Alessandro Barbero, Barbari: immigrati, profughi, deportati nell’impero Romano, Editori Laterza, Bari, 2010.
- Herwig Wolfram, Storia dei Goti, a cura di Maria Cesa, Salerno, Roma, 1985.
- C.R. Whittaker, Frontiers of the Roman Empire: a social and economic study, Baltimore, Johns Hopkins university press, 1994.
- Edward Luttwak, La grande strategia dell’Impero Romano, Milano, BUR, 2016.
- Simon MacDowall, Adrianopoli, i Goti annientano l’Impero, traduzione di Mario Elii, Milano, RBAItalia – Osprey Publishing, 2010.
- Noel Lenski, Initium mali Romano imperio: Contemporary Reactions to the Battle of Adrianople, in Transactions of the American Philological Association, vol. 127, 1997, pp. 129-168.
- Neol Lenski, Failure of Empire: Valens and the Roman State in the fourth century A. D., Berkeley, University of California Press, 2002.
- Peter Heather e John Matthews, The Goths in the fourth century, Liverpool, Liverpool University Press, 1991.
- Johannes Wienand, Costantino e i Barbari, in Enciclopedia Costantiniana 2013, da treccani.it
Note
↑1 | Storia Augusta, Probo, 16-18; CIL XI, 01178 |
↑2 | Storia Augusta, Probo, 18; Zosimo, Storia Nuova, I, 71, 1 |
↑3 | Giordane, Storia dei Goti, 94-97 |
↑4 | Panegirici Latini, III (XI), 17, 1; Eutropio, Storia di Roma, VIII, 2, 2 |
↑5 | Anonimo Valesiano, I, 5, 21; Giovanni Lido, De magistratibus, II, 10 |
↑6 | Giovanni Lido, De magistratibus, III, 31; 40 |
↑7 | Giordane, Storia dei Goti, 111-112 |
↑8 | Accanto a Licinio ci fu il principe goto Alica. Anonimo Valesiano, I, 5, 27; Giordane, Storia dei Goti, 111-112; Teofano Confessore, Cronaca, 5815 |
↑9 | Giordane, Storia dei Goti, 111 |
↑10 | Chronicon paschale, 328 |
↑11 | Aurelio Vittore, I Cesari, 41, 18; Pseudo Vittore, Epitome, 43, 13; Eutropio, Storia di Roma, X, 7, 1; Girolamo, Cronaca, 2340, 26; Teofano Confessore, Cronaca, 5818; CIL VI, 40776 |
↑12 | Atanasio, Apologia contro gli Ariani, 86 |
↑13 | Ciò è affermato da Zosimo che parla addirittura di una sconfitta romana, molto probabilmente esagera nel descrivere questa piccola scaramuccia. Zosimo, Storia Nuova, II, 31, 3 |
↑14 | il re Ariarico e suo figlio. Anonimo Valesiano, I, 31 |
↑15 | L’imperatore Giuliano sottolinea che questa annona era il semplice tributo. Giuliano, I Cesari, 329A |
↑16 | Secondo Giordane foederati non ufficiali furono al tempo di Filippo l’Arabo. Giordane, Storia dei Goti, 89 e 112 |
↑17 | Ammiano Marcellino, Storie, XVII, 12, 19 |
↑18 | Giordane, Storia dei Goti, 265 |
↑19 | Eusebio di Cesarea, Vita di Costantino, IV, 6; Optanzio, Carmi, 18, 11-12; Anonimo Valesiano, I, 31; Consularia Constantinopolitana, a. 332 |
↑20 | Ammiano Marcellino, Storie, XVII, 12, 1-4 |
↑21 | Ammiano Marcellino, Storie, XVII, 12, 12 |
↑22 | Ammiano Marcellino, Storie, XVII, 13, 1-2 |
↑23 | Ammiano Marcellino, Storie, XVII, 13, 4 |
↑24 | CIL 03, 12483 |
↑25 | Ammiano Marcellino, Storie, XIX, 11, 1 |
↑26 | Ammiano Marcellino, Storie, XIX, 11, 5 |
↑27 | Ammiano Marcellino, Storie, XIX, 11, 6 |
↑28 | Ammiano Marcellino, Storie, XIX, 11, 7-8 |
↑29 | Ammiano Marcellino, Storie, XIX, 11, 17-18 |
↑30 | Ammiano Marcellino, Storie, XVIII, 13, 19-20 |
↑31 | Ammiano Marcellino, Storie, XX, 8, 1 |
↑32 | Ammiano Marcellino, Storie, XXII, 7, 8 |
↑33 | Giuliano, I Cesari, 329A |
↑34 | Ammiano Marcellino, Storie, XXIII, 2, 7; Eunapio, Storia, Frammenti 22, 1 |