Il porcello e la farinata alla maniera dell’imperatore Vitellio
Immortalare la decadenza di un impero

Questo dipinto è attualmente esposto al Museo d’Orsay di Parigi ed è l’opera più celebre di Thomas Couture, artista francese della metà del diciannovesimo secolo.
Thomas Couture lavorò per ben tre anni a questo dipinto e lo espose nel 1847 al Louvre durante il Salon, la principale esposizione d’arte parigina del tempo. Nel catalogo della mostra Couture introdusse il dipinto con un verso tratto dalle Saturae di Giovenale.
«[…] Saeuior armis
luxuria incubuit uictumque ulciscitur orbem»«Una sfrenatezza più feroce delle armi è piombata su di noi, e vendica il mondo che abbiamo conquistato»
[Giovenale, Saturae, 6, 292-293 – Traduzione tratta da edizione Mondadori a cura di Biagio Santorelli]
Dietro alla Roma decadente del dipinto di Couture c’è il suo duro attacco alla corte del re Filippo Luigi Borbone-Orlèans, la quale era stata travolta da vari scandali. Il dipinto fu accolto positivamente, ma suscitò l’ira di Napoleone III che lo giudicò come un ignobile attacco alla società francese e alle sue istituzioni.
Di questo dipinto è particolarmente interessante l’uomo nella penombra, disteso sulla lettiga sulla sinistra. Diversi critici hanno osservato che l’uomo assomiglia all’imperatore Vitellio, precisamente ai diversi busti che lo raffigurano.




Vitellio, imperatore per otto mesi
Aulo Vitellio fu uno dei quattro imperatori del longum et unum annum1Questa famosa formula proviene dal Dialogus de Oratoribus di Tacito. Tacito, Dialogus de … Continue reading, ossia del periodo immediatamente successivo alla fine della dinastia giulio-claudia con la morte di Nerone nel giugno del 68 d.C.2Nove o undici giugno. La probabile data della morte di Nerone è tratta indirettamente dalla data … Continue reading. In circa un anno e mezzo si susseguirono quattro imperatori (Galba, Otone, Vitellio e Vespasiano) dei quali tre morti violentemente.
Vitellio, vicino all’imperatore Nerone, fu nominato legato della provincia della Germania Inferiore in modo inaspettato dall’imperatore Galba. Vitellio giunse nella provincia assegnata il primo di dicembre del 683La data precisa dell’arrivo non è tramandata da nessun autore, benché Tacito scriva di attorno … Continue reading e fu acclamato imperatore dalle sue legioni il due gennaio, un giorno dopo il rifiuto da parte delle legioni stanziate nella vicina provincia della Germania Superiore di rinnovare il giuramento di fedeltà a Galba4Suet. Vit. 8; Plutarco, Vitae Parallelae: Galba, 22, 4; 7-10.. A Roma il quindici gennaio scoppiò una rivolta, l’imperatore Galba fu assassinato e il Senato proclamò imperatore Otone, il leader della rivolta5La data precisa è tramandata da Tacito e da Plutarco, altri autori calcolano la durata del … Continue reading.
Lo scontro tra le legioni di Otone e quelle di Vitellio avvenne nel Nord Italia, quando le legioni di Vitellio guidate da Fabio Valente6Legato della Legio I Germanica. Tac. Hist. 1, 57. e da Aulo Cecina7Non conosciamo con precisione la legione guidata da Cecina, sicuramente era una delle legioni … Continue reading, i veri mandanti della ribellione in Germania, sconfissero quelle di Otone a Bedraico nei pressi di Cremona8J. BJ. 4, 9, 547-550; Tac. Hist. 2, 39-45; Plutarco, Vitae Parallelae: Otho, 12-15.. Otone si suicidò il sedici o il diciassette aprile9Tac. Hist. 2, 49; Plut. Oth. 17. Aur. Vict. Caes. 9; Eutr. 7, 17, 3., il giorno dopo a Roma il Senato proclamò imperatore Vitellio10Tac. Hist. 2, 55. con quest’ultimo che entrò in città verso la fine di giugno11Nessun autore tramanda la data dell’arrivo ed è difficile fare anche un’approssimazione. … Continue reading. Il principato di Vitellio durò otto mesi: l’imperatore fu prima abbandonato da quasi la totalità delle legioni, le quali si erano accordate segretamente con Vespasiano, e infine fu trucidato a Roma il venti o il ventuno dicembre12La data di morte è ricavabile dalla lettura combinata di diversi passi letterari. Tacito tramanda … Continue reading.




Vitellio, l’ubriacone ingordo
«[Vitellio] era infatti di una grossezza enorme, rubizzo in volto per il troppo vino, con una gran pancia e una gamba malferma, da quando era stato investito da una quadriga mentre assisteva Caio nelle corse dei cocchi.»
Svetonio, De vitis Caesarum: Vitellius, 17 – [Traduzione di Felice Dessì per edizione BUR]
L’immagine dell’imperatore Vitellio tramandata dagli autori antichi è quella di un inetto ubriacone e ingordo, arrivato a ricoprire importanti magistrature grazie al padre13Suet. Vit. 2; 3; Eutr. 7, 18, 1. o per la sua amicizia con altrettanti “cattivi esempi” come gli imperatori Caligola e Nerone14Suet. Vit. 4; 5.. Imperatore crudele e lussurioso, fatto prostituire dal padre al tempo del ritiro dell’imperatore Tiberio a Capri tanto da ricevere il soprannome di spintria15Dione, 65, 5, 1. Il soprannome è tramandato dal solo Svetonio: Suet. Vit. 3.; capace di sacrilegi come il divorare la carne destinata ai sacrifici16Suet. Vit. 13. o di vietare il seppellimento dei soldati di Otone e dei cittadini di Cremona17Tac. Hist. 2, 70; Dione. 65, 1, 3.. Degli otto mesi del suo principato gli autori antichi hanno descritto i banchetti in suo onore, dove si spendevano cifre incredibili per far arrivare dai confini del mondo conosciuto le carni più pregiate18Tac. Hist. 2, 62; 95..
«Famosissimo fra tutti fu il banchetto offerto dal fratello, in occasione della sua venuta: si dice che vi siano serviti duemila pesci delle migliori qualità e settemila uccelli. Ma superò anche questo quando inaugurò un vassoio che, per la sua smisurata grandezza, aveva chiamato “lo scudo di Minerva, protettrice della città”. Dentro questo vassoio aveva fatto mescolare fegati di scari, cervella di pavoni e di fagiani, lingue di fenicotteri e lattigini di murene, che aveva mandato a prendere con triremi e navarchi fin nel regno dei Parti e fino allo stretto di Cadice.»
Svetonio, De vitis Caesarum: Vitellius, 13 – [Traduzione di Felice Dessì per edizione BUR]
Il banchetto organizzato dal fratello Lucio19Lucio Vitellio fu console nel 48 e fu trucidato insieme al fratello. Tacito, Annales, 11, 23, 1. … Continue reading e lo Scudo di Minerva sono stati tramandati da diversi storici, oltre che da Svetonio20Plinio il Vecchio, Historia Naturalis, 35, 46, 163-164. Eutr. 7, 18, 3; Suida, Beta, 220; 309 Adler.: Cassio Dione, vissuto all’incirca due secoli dopo, tramanda di come questo vassoio di argento era venerato come una reliquia, finché fu fuso per ordine dell’imperatore Adriano21Dione, 65, 3, 3.. I banchetti di Vitiello, non solo rovinavano finanziariamente chi li offriva22Dione, 65, 4, 3., ma provocavano addirittura dei morti, perché l’imperatore era capace di divorare qualsiasi cosa grazie alla sua abilità nel vomitare senza problemi23Suet. Vit. 13; Dione, 65, 2, 2., cosa che i convitati non riuscivano a eguagliare ingozzandosi fino alla morte per non offendere il permaloso imperatore24Dione, 65, 2, 2-3.. Sebbene i medici dell’antichità consigliavano il vomitare (dieta emetica) per prevenire un’indigestione25Giulio Cesare, Ottaviano Augusto e Nerone seguivano questa dieta emetica. Cicerone, Epistulae ad … Continue reading; diversi autori antichi hanno utilizzato l’immagine dell’ingozzarsi di prelibatezze, stare male, vomitare e tornare a ingozzarsi per descrivere i tiranni, i quali sperperano le proprie ricchezze, quelle altrui o addirittura il denaro pubblico con una facilità incredibile, allo stesso modo di come si ingozzano di prelibatezze per vomitarle successivamente26Cicerone, De Finibus, 2, 8, 23; Philippicae, 2, 25, 61; 41, 105; Sen. Ep. 95, 20-21. Svetonio, De … Continue reading.
«Gli dei e le dee maledicano una ghiottoneria che travalica i confini di tale impero! Vogliono che si catturino oltre il Fasi gli ingredienti della loro gastronomia, e si preoccupano di importare dai Parti volatili invece che di riportarne vittorie. Convogliano da ogni parte tutti i cibi noti al palato più esigente; si trasporta dall’Oceano, ai confini del mondo, ciò che lo stomaco guastato dalle raffinatezze lascia appena entrare: vomitano per mangiare, mangiano per vomitare, e non si danno neppure la pena di digerire le pietanze reperite in ogni angolo della terra.»
Seneca, Ad Helviam matrem De consolatione, 10, 3 – [Traduzione di Alfonso Traina per edizione BUR]
Vitellio e Apicio
Il nome dell’imperatore Vitellio compare per tre volte nel De re coquinaria di Apicio, l’unico ricettario del mondo antico giunto a noi. Quest’opera scritta in latino volgare, databile intorno al quarto secolo d.C., è formata dalla rielaborazione e dalla fusione di due distinti ricettari: uno dedicato alle salse con la descrizione dei principali ingredienti, l’altro dedicato a portate complete il quale in origine doveva essere accompagnato dai disegni degli attrezzi da cucina da utilizzare27Apicio, De re coquinaria, 4, 2, 14.. Tuttora gli studiosi discutono sulla datazione e sul vero autore di quest’opera. I manoscritti dell’opera sono stati tramandati sotto il nome di Celio Apicio, ma nelle opere dei diversi autori antichi è presente la particolare figura di Marco Gavio Apicio.




Apicio depravato innovatore
Il filosofo Seneca ha tramandato il particolare ritratto di un suo contemporaneo di nome Apicio: un depravato (prava mens) maestro di cucina che diffuse l’arte culinaria a Roma, che sperperò il suo patrimonio e i numerosi doni ricevuti dagli imperatori in banchetti e in orge; finché si suicidò con del veleno quando si rese conto di aver ridotto il suo patrimonio a soli dieci milioni di sesterzi e di non poter sostenere il suo dispendioso stile di vita28Suicidio tramandato anche da altri autori. Seneca, Ad Helviam matrem de consolatione, 10, 8-10; … Continue reading. Seneca tramanda anche un particolare aneddoto dove l’imperatore Tiberio ebbe in dono una triglia enorme dal peso di quattro libbre e mezzo (≃ 1,2kg) e decise di metterla in vendita raccogliendo scommesse su chi l’avrebbe acquistata e quanto avrebbe speso. L’imperatore Tiberio puntò su due nomi Apicio e un certo P. Ottavio con quest’ultimo che spese l’incredibile cifra cinquemila sesterzi29Sen. Ep. 95, 42; Juv. 4, 23.. L’amore di Apicio per le triglie è testimoniato da Plinio il Vecchio, il quale descrive una sua invenzione culinaria: il gettare le triglie nel sociorum garum (garum degli alleati), così da condire il garum grazie all’allec contenuto nel loro fegato30Plin. H.N. 9, 30, 66. Sull’allec Orazio tramanda un’invenzione culinaria di Cazio, suo … Continue reading. Plinio ha tramandato Marco come nome di Apicio e altri aneddoti riguardanti il più ghiottone tra gli scialacquatori31«Nepotum omnium altissimus gurges.». Plin. H.N. 10, 68, 133: intensificare il sapore della carne di oca ingrassando le oche con fichi secchi per poi farle morire di nausea con il bere del vino speziato32Plin. H.N. 8, 77, 209.; il suo disprezzo per i cavoli condiviso dal suo amico Druso Cesare Minore, figlio di Tiberio33Plin. H.N. 19, 41, 137-138.; e la sua ricetta per rendere accettabili tali cavoli che prevedeva il farli macerare nell’olio e nel sale prima di cuocerli34Plin. H.N. 19, 41, 143-144.. Tacito tramanda che la carriera di Seiano iniziò proprio con il prostituirsi al ricco e prodigo (divi et prodigo) Apicio35Tac. Ann. 4. 1.. Successivamente Cassio Dione tramanda sia il rapporto tra Seiano e Apicio che il particolare suicidio di quest’ultimo, ma soprattutto il suo nome intero Marco Gabio Apicio36«Μάρκου Γαβίου Ἀπικίου». Dione, 57, 19, 5.. Un passo corrotto della vita di Elio Vero nella Historia Augusta tramanda di come il figlio adottivo dell’imperatore Adriano avesse sempre con sé un libricino contenente i precetti di Apicio37Historia Augusta, II, 5; mentre nella vita di Eliogabalo è narrato di come l’imperatore considerasse Apicio e anche l’imperatore Vitellio come modelli di vita per la ricerca dei più raffinati sapori38H.A. 17, 17-18; 20; 24.. Ateneo di Naucrati accenna a focacce che prendevano il nome di Apicio39Ateneo di Naucrati, Deipnosophistae, 1, 12, 7b; 14, 57, 647c. e tramanda di come il grammatico greco Apione, autore di un’opera contro i Giudei che fece infuriare Flavio Giuseppe, scrisse una biografa di Apicio40Athn. 7, 43, 294f.. Nei Deipnosophistae di Ateneo è presente l’aneddoto di Apicio che trascorre le sue giornate a mangiare gamberi a Minturno, finché decide di imbarcarsi velocemente per la Libia, perché aveva saputo dell’esistenza di gamberi giganteschi nelle acque della Libia. Dopo un difficile viaggio Apicio arrivò nei pressi delle coste libiche dove fu avvicinato da dei pescatori che gli mostrarono gamberi appena pescati: Apicio inorridì nel scoprire che quei gamberi erano più piccoli di quelli pescati a Minturno e decise di tornare immediatamente a Minturno senza nemmeno sbarcare in Libia41Athn. 1, 12, 7b-c. Suida, Alpha, 3207 Adler.
Tanti Apicio per un ricettario
Sempre Ateneo di Naucrati suggerisce la possibilità che Apicio fosse semplicemente un soprannome dato ai ghiottoni voraci, infatti cita un Apicio vissuto intorno al primo secolo a.C. e colpevole dell’esilio dello storico Rutilio42Athn. 4, 168d – [Posidonio Fr. 27] e un Apicio vissuto al tempo del principato di Traiano, inventore di una tecnica per conservare le ostriche fresche43Athn. 1, 13, 7d; Suida, Alpha, 4660; Omicron 720 Adler. Un quarto Apicio sembrerebbe essere vissuto al tempo di Marziale, più che ghiottone e scialacquatore l’Apicio di Marziale è un effeminato scapestrato44Mart. 2, 69; 3, 80; 7, 55.. L’Apicio di età repubblicana è presente in due frammenti di Claudio Eliano tramandati dal Suida, la proto enciclopedia bizantina del decimo secolo: questo Apicio raggiunse l’età di novantuno anni grazie alla continua attività fisica, era in grado di competere con i più giovani nel bere vino, nel mangiare e nel fare sesso, ed era amato per la sua magnanimità45Claudio Eliano, Fragmenta 113 (Suida, Alpha 3213 Adler); 114 (Suida, Mu 217 Adler)..
Dal secondo secolo d.C. Apicio diventa un nome strettamente collegato al mondo culinario: Tertulliano afferma che i cuochi prendono il soprannome di Apicio46Tertulliano, Apologeticum, 3, 6.; Isidoro di Siviglia, vissuto nel sesto secolo, non solo tramanda una versione breve del suicidio di Apicio, ma afferma che egli sia l’inventore degli utensili da cucina47Isidoro di Siviglia, Originum sive etymologiarum libri XX, 20, 1, 1.; similmente il secondo dei Mythographi Vaticani, opera databile all’undicesimo secolo, riassume il suicidio di Apicio e gli attribuisce la scrittura di un trattato sulle salse48Mythographus Vaticanus II, De Apicio – digilibLT.
Apicio e gli imperatori
«Guarda Nomentano e Apicio che vanno a ricercare i beni (così li chiamano loro) della terra e del mare e fanno sfilare sulla mensa animali di ogni paese; li vedi che dal trono adorno di rose contemplano la loro tavola e si deliziano le orecchie al suono dei canti, gli occhi con spettacoli e il palato con ghiottonerie. Hanno tutto il corpo carezzato da stoffe morbide e delicate e, per evitare che le narici nel frattempo restino inerti, viene impregnato dei più svariati profumi il luogo dove la dissolutezza si celebra. Puoi dire che sono in mezzo ai piaceri ma non ne ricaveranno un bene perché non godono di un bene.»
Seneca, De vita beata, 11, 4 – [Traduzione di Donatella Agonigi per edizione BUR]
Nel De re coquinaria diverse ricette sono intitolate a nomi “famosi”: Mazio (Matius) o Marziano49Apic. 4, 3, 4. (Matianum), autore di tre trattati di culinaria50Columella, De re rustica, 12, 46., amico di Ottaviano Augusto51Plin. H.N. 12, 6, 13. e creatore delle mele maziane52Col. 12. 47; 5, 10, 19. Plin. H.N. 15, 15, 42. Athn. 3, 23, 82c Macrobio, Saturnalia, III, 18, 2. … Continue reading; Traiano53Apic. 8, 7, 16.; Commodo54Apic. 5, 5, 4.; Pescennio Nigro55Apic. 8, 8, 7.; Eliogabalo56Apic. 6, 9, 11. Pullus Vardanus. Alcuni critici hanno corretto Vardanus in Varianus (Vario Avito … Continue reading; un Giuliano creatore di una variante della polenta57Apic. 5, 5, 1. (Didio Giuliano o Giuliano l’Apostata). Attraverso questi nomi famosi gli studiosi hanno tentato di ricostruire la datazione del nucleo originale dell’opera e l’identità del suo autore.




Tre delle ricette del De re coquinaria sono intitolare all’imperatore Vitellio; il passo corrotto della biografia di Eliogabalo nella Historia Augusta; la testimonianza in diverse fonti dei rapporti di Seiano rispettivamente con Apicio e Vitellio; e l’amore di entrambi per una prelibatezza come la lingua di fenicottero58Apic. 6, 6, 1-2; Plin. H.N. 10, 68, 133; Suet. Vit. 13. Per il fenicottero come prelibatezza: Sen. … Continue reading. Tutto ciò ha portato diversi storici a supporre che Apicio fosse vissuto nei primi anni del primo secolo d.C. al tempo dell’imperatore Tiberio e avesse conosciuto un giovane Vitellio.
«Maialino alla maniera di Vitellio. Acconcia il maiale come si fa con il cinghiale; salalo e fallo arrostire nel forno. Aggiungi nel mortaio: pepe e ligustico: tempera col garum e lavora con vino e passito. Fai bollire in una pentola con un po’ d’olio. Innaffia l’arrosto di maiale con questa salsa così che essa possa penetrare anche sotto pelle.»
Apicio, De re coquinaria, 8, 7, 8 – [Traduzione tratta da edizione Bompiani a cura di Giulia Carazzali]




Una farinata per un imperatore, una farinata per una dea
«Piselli o fave alla Vitellio. Fai cuocere i piselli e schiacciali. Trita: pepe, ligustico, zenzero e cospargi sopra questi condimenti i tuorli delle uova che hai cotto ben sode, 3 once di miele, garum, vino e aceto. Versa tutto questo in una pentola, insieme ai condimenti triturati; aggiungi l’olio e fai cuocere. Condisci i piselli con questa salsa, stempera gli eventuali grumi, aggiungi il miele e servi.»
Apicio, De re coquinaria, 5, 3, 5
«Piselli o fave alla Vitellio. Fai cuocere i piselli o le fave. Quando li schiumi, cospargili di porro, coriandolo e fiori freschi di malva. Durante la cottura, trita: pepe, ligustico, origano, semi di finocchio; tempera con garum e vino; versa in pentola e aggiungici l’olio. Mescola durante la bollitura; versaci sopra l’olio di frantoio e servi.»
Apicio, De re coquinaria, 5, 3, 9
La prima ricetta è una semplice variante della plus fabata (o fabacia), una farinata di fave spesso condita con il lardo. Le fave erano uno degli alimenti fondamentali della dieta romana e nell’immaginario degli autori latini rappresentavano idealmente la Roma arcaica, città austera di contadini-soldati che mangiavano cibi semplici come le fave e non carni esotiche. Non a caso la plus fabata è strettamente collegata a una festività latina arcaica, le calendae fabariae, festa in onore della dea minore Carna che si tenevano il primo giugno nella quale si offriva questa farinata alla dea59Ovidio, Fasti, 6, 169-172. Macr. Sat. 1, 12, 31-33..
Carna, divinità di probabile origine etrusca, è protettrice delle soglie delle case60Agostino ridurrà Carna a divinità protettrice dei cardini delle porte storpiandole il nome in … Continue reading e delle carni, intese come organi degli uomini61Macr. Sat. 1, 12, 32. È Ovidio nei Fasti, incompleto poema sulle festività latine, a spiegare questi due aspetti della dea: Carna, bellissima ninfa, è stuprata da Giano che la “risarcisce” con un ramo di biancospino capace di benedire e di purificare le soglie; successivamente è la stessa Carna a salvare il piccolo Proca, futuro re di Alba Longa, dalla minaccia degli strigi62Questo uccello probabilmente riconducibile al barbagianni, alla cornacchia o all’allocco era … Continue reading, uccelli notturni simili alle arpie63Ov. Fast. 6, 101-168..
Bibliografia – Risorse
- Bibliografia
- C. L. Murison; Some Vitellian Dates: An Exercise in Methodology in Transactions of the American Philological Association (1974-); vol. 109, 1979, pp. 187-197.
- Apicio, L’arte culinaria: manuale di gastronomia classica; (a cura di Giulia Carazzali), Milano, Bompiani, 2004.
- Sally Grainger, The Myth of Apicius in Gastronomica; vol. 7, n. 2, 2007, pp. 71-77.
- Risorse
- tertullian.org per il Chronicon di Girolamo e i testi di Tertulliano.
- livius.org per le legioni e le provincie romane.
- Suda On Line: Byzantine Lexicography – [link]
- digilibLT – Biblioteca digitale di testi latini tardoantichi – [link]
- archive.org per Porfirione (I; II), Celso, Scholia Vetera.
Note
↑1 | Questa famosa formula proviene dal Dialogus de Oratoribus di Tacito. Tacito, Dialogus de Oratoribus, 17, 3. |
↑2 | Nove o undici giugno. La probabile data della morte di Nerone è tratta indirettamente dalla data di nascita (13/10/54) e dalla durata del suo principato o di quella del successivo Galba. Flavio Giuseppe, Bellum Judaicum, 4, 9, 499; Girolamo, Chronicon 2070, a. 54; Cassio Dione, Historia Romana, 63, 39, 3; Giovanni di Antiochia, Fragmenta 120, 23-24; Giovanni Zonara, Annales, 11, 17, 571B p. 963 PG 134. |
↑3 | La data precisa dell’arrivo non è tramandata da nessun autore, benché Tacito scriva di attorno alle calende di Dicembre, mentre Svetonio di un mese prima dell’acclamazione. Tacito, Historiae, 1, 9; 52. Svetonio, De vitis Caesarum: Vitellius, 7. |
↑4 | Suet. Vit. 8; Plutarco, Vitae Parallelae: Galba, 22, 4; 7-10. |
↑5 | La data precisa è tramandata da Tacito e da Plutarco, altri autori calcolano la durata del principato partendo dall’acclamazione o dall’arrivo a Roma spesso limitandosi a un generico sette mesi di principato: J. BJ. 4, 9, 499; Tac. Hist. 1, 27, Svetonio, De vitis Caesarum: Galba, 17; Plut. Galb. 24, 3; Dione, 64, 6; Aurelio Vittore, De Caesaribus, 8; Pseudo-Vittore, Epitome de Caesaribus, 8; Eutropio, Breviarium, 7, 16, 3; Orosio, Historiarum adversus paganos libri septem, 7, 8, 1. |
↑6 | Legato della Legio I Germanica. Tac. Hist. 1, 57. |
↑7 | Non conosciamo con precisione la legione guidata da Cecina, sicuramente era una delle legioni stanziate nella provincia della Germania Superiore, probabilmente la IV Macedonica. |
↑8 | J. BJ. 4, 9, 547-550; Tac. Hist. 2, 39-45; Plutarco, Vitae Parallelae: Otho, 12-15. |
↑9 | Tac. Hist. 2, 49; Plut. Oth. 17. Aur. Vict. Caes. 9; Eutr. 7, 17, 3. |
↑10 | Tac. Hist. 2, 55. |
↑11 | Nessun autore tramanda la data dell’arrivo ed è difficile fare anche un’approssimazione. Termine ante quem è il diciotto luglio, data dell’assunzione di Vitellio della carica di pontefice massimo, cerimonia che poteva essere celebrata solo a Roma. Tac. Hist, 2, 91. |
↑12 | La data di morte è ricavabile dalla lettura combinata di diversi passi letterari. Tacito tramanda che il diciotto dicembre Vitellio abdicò, mentre Svetonio di come le defezioni delle legioni iniziarono dopo otto mesi di principato. Eutropio tramanda che il principato durò otto anni e un giorno; similmente Girolamo e Aurelio Vittore. Tertulliano sposta la morte addirittura a gennaio, dato che scrive di un principato di otto anni e tredici giorni. Dione non considera legittimo il principato di Otone, parte dall’acclamazione del due gennaio e scrive di un principato lungo un anno meno dieci giorni. Tac. Hist. 3, 67; Suet. Vit. 15; Tertulliano, Adversus Judeos, 8, 16; Jer. Chron. 2070; Dione, 65, 24; Eutr. 7, 18, 6; Aur. Vict. Caes. 8. |
↑13 | Suet. Vit. 2; 3; Eutr. 7, 18, 1. |
↑14 | Suet. Vit. 4; 5. |
↑15 | Dione, 65, 5, 1. Il soprannome è tramandato dal solo Svetonio: Suet. Vit. 3. |
↑16 | Suet. Vit. 13. |
↑17 | Tac. Hist. 2, 70; Dione. 65, 1, 3. |
↑18 | Tac. Hist. 2, 62; 95. |
↑19 | Lucio Vitellio fu console nel 48 e fu trucidato insieme al fratello. Tacito, Annales, 11, 23, 1. Suet. Vit. 3; Dione, 65, 22, 1. |
↑20 | Plinio il Vecchio, Historia Naturalis, 35, 46, 163-164. Eutr. 7, 18, 3; Suida, Beta, 220; 309 Adler. |
↑21 | Dione, 65, 3, 3. |
↑22 | Dione, 65, 4, 3. |
↑23 | Suet. Vit. 13; Dione, 65, 2, 2. |
↑24 | Dione, 65, 2, 2-3. |
↑25 | Giulio Cesare, Ottaviano Augusto e Nerone seguivano questa dieta emetica. Cicerone, Epistulae ad Atticum, 13, 52, 1; Cicerone, Pro rege Deiotaro, 7, 21; Celso, De Medicina, 1, 3; Seneca, Epistulae, 68, 7; Svetonio, De vitis Caesarum: Divus Augustus, 77; De vitis Caesarum: Nero, 20. |
↑26 | Cicerone, De Finibus, 2, 8, 23; Philippicae, 2, 25, 61; 41, 105; Sen. Ep. 95, 20-21. Svetonio, De vitis Caesarum: Divus Claudius, 33. Giovenale, Saturae, 6, 431-432; Scholia vetera in Iuvenalem, 6, 432 p. 222 Heinrich. |
↑27 | Apicio, De re coquinaria, 4, 2, 14. |
↑28 | Suicidio tramandato anche da altri autori. Seneca, Ad Helviam matrem de consolatione, 10, 8-10; Marziale, Epigrammaton libri XII, 3, 22. |
↑29 | Sen. Ep. 95, 42; Juv. 4, 23. |
↑30 | Plin. H.N. 9, 30, 66. Sull’allec Orazio tramanda un’invenzione culinaria di Cazio, suo contemporaneo: la posatura del vino con allec. Orazio, Sermonum Libri II, 2, 4, 73; Porfirione, Commentarii in Q. Horatium Flaccum: Sermonum Libri II, 2, 4, 73; II p. 294 Havthal. |
↑31 | «Nepotum omnium altissimus gurges.». Plin. H.N. 10, 68, 133 |
↑32 | Plin. H.N. 8, 77, 209. |
↑33 | Plin. H.N. 19, 41, 137-138. |
↑34 | Plin. H.N. 19, 41, 143-144. |
↑35 | Tac. Ann. 4. 1. |
↑36 | «Μάρκου Γαβίου Ἀπικίου». Dione, 57, 19, 5. |
↑37 | Historia Augusta, II, 5 |
↑38 | H.A. 17, 17-18; 20; 24. |
↑39 | Ateneo di Naucrati, Deipnosophistae, 1, 12, 7b; 14, 57, 647c. |
↑40 | Athn. 7, 43, 294f. |
↑41 | Athn. 1, 12, 7b-c. Suida, Alpha, 3207 Adler |
↑42 | Athn. 4, 168d – [Posidonio Fr. 27] |
↑43 | Athn. 1, 13, 7d; Suida, Alpha, 4660; Omicron 720 Adler |
↑44 | Mart. 2, 69; 3, 80; 7, 55. |
↑45 | Claudio Eliano, Fragmenta 113 (Suida, Alpha 3213 Adler); 114 (Suida, Mu 217 Adler). |
↑46 | Tertulliano, Apologeticum, 3, 6. |
↑47 | Isidoro di Siviglia, Originum sive etymologiarum libri XX, 20, 1, 1. |
↑48 | Mythographus Vaticanus II, De Apicio – digilibLT |
↑49 | Apic. 4, 3, 4. |
↑50 | Columella, De re rustica, 12, 46. |
↑51 | Plin. H.N. 12, 6, 13. |
↑52 | Col. 12. 47; 5, 10, 19. Plin. H.N. 15, 15, 42. Athn. 3, 23, 82c Macrobio, Saturnalia, III, 18, 2. Al tempo del principato di Domiziano maziana indicava la mela generica, mentre nel sesto secolo sembra rimandare a un luogo e non al suo creatore: Editto di Diocleziano, 6, 65; Isid. Orig. 17, 7, 3. |
↑53 | Apic. 8, 7, 16. |
↑54 | Apic. 5, 5, 4. |
↑55 | Apic. 8, 8, 7. |
↑56 | Apic. 6, 9, 11. Pullus Vardanus. Alcuni critici hanno corretto Vardanus in Varianus (Vario Avito Bassiano) seguendo la testimonianza della Historia Augusta. |
↑57 | Apic. 5, 5, 1. |
↑58 | Apic. 6, 6, 1-2; Plin. H.N. 10, 68, 133; Suet. Vit. 13. Per il fenicottero come prelibatezza: Sen. Ep. 110, 12; Mart. 13, 71. |
↑59 | Ovidio, Fasti, 6, 169-172. Macr. Sat. 1, 12, 31-33. |
↑60 | Agostino ridurrà Carna a divinità protettrice dei cardini delle porte storpiandole il nome in Cardea e dividendola da Limentino protettore delle soglie: Agostino, De civitate Dei, 4, 8; 6, 7, 1. |
↑61 | Macr. Sat. 1, 12, 32 |
↑62 | Questo uccello probabilmente riconducibile al barbagianni, alla cornacchia o all’allocco era giudicato nefasto e pericoloso per i bambini, perché si cibava del loro sangue (un uccello – vampiro). Plauto, Pseudolous, 3, 820; Tibullo, Carminum Libri Tres, 1, 5, 52; Properzio, Elegiae, 4, 5, 17; Orazio, Epodi, 5, 20; Ovidio, Metamorphoseon libri XV, 7, 269; Lucano, Pharsalia, 6, 689; Petronio, Satyricon, 134, 1. Porph. in Hor. Ep. 5, 20 I p. 471 Havthal. Plinio negava la loro esistenza: Plin. H.N. 11, 95, 232. |
↑63 | Ov. Fast. 6, 101-168. |