La battaglia di Varna
A Varna l’ultima carica di Ladislao

Questo olio su tela del 1879 raffigura la carica del re di Ungheria e re di Polonia Ladislao III contro i giannizzeri del sultano ottomano Murad II. Il dipinto è opera del pittore polacco Jon Alojzy Matejko, ed è attualmente conservato ed esposto al Museo delle Belle Arti di Budapest (Szépművészeti Múzeum).
La battaglia di Varna del dieci novembre del 1444 fu l’ultima battaglia della “crociata di Varna” o “crociata dei Balcani”, crociata contro gli Ottomani indetta il primo gennaio del 1443 dal pontefice Eugenio IV, il veneziano Gabriele Condulmer. Questa crociata doveva allentare la pressione degli Ottomani sul Regno di Ungheria e soprattutto sull’Impero bizantino, ridotto oramai alla sola Costantinopoli e al Despotato di Morea. Questa crociata fu una conseguenza diplomatica e politica della riconciliazione tra le chiese ortodosse e quella cattolica avvenuta al Concilio di Firenze del 1439.
La crociata fu ufficialmente condotta dal legato pontificio Giuliano Cesarini, cardinale e una delle menti del concilio di Firenze. Il principale esponente della crociata fu il ventenne Ladislao III, re di Polonia e di Ungheria, il quale vedeva nella crociata un’occasione di ampliare il regno di Ungheria, ma soprattutto di legittimare il suo titolo.
Prima di Varna. Due Ladislao per un trono
Il precedente re di Ungheria Alberto d’Asburgo era anche duca d’Austria, re di Boemia e re dei Romani, ovvero imperatore del Sacro Romano Impero privo dell’incoronazione ufficiale da parte del pontefice. La nobiltà ungherese fu piuttosto ostile ad Alberto e non lo supportò né nelle sue guerre contro i Polacchi per il controllo della Boemia e né nella difesa della Serbia dall’invasione degli Ottomani. Proprio durante quest’ultima guerra Alberto morì di tifo il ventinove ottobre del 1437 mentre gli Ottomani conquistavano la fortezza serba di Smederevo, catturavano e accecavano il figlio del despota Giorgio Branković, rendevano l’Albania e la Bosnia provincie dell’Impero.
«Cuius anima requiescat in sancta pace; quia fuit bonus, licet Teutonicus, audax et misericors.»
«L’anima di lui (Alberto) riposi nella santa pace; perché, sebbene fosse tedesco, fu buono, audace e misericordioso.»
Bartossii de Drahonicz, Chronicon: ab anno 1419 usque 1443, 1439.
Alberto non aveva avuto figli maschi e sua moglie Elisabetta di Lussemburgo, figlia del precedente imperatore del Sacro Romano Impero Sigismondo di Lussemburgo, era incinta del quinto mese. I nobili ungheresi, convinti della necessità di avere un re adulto (e manovrabile) e di non essere indeboliti da una reggenza, proposero a Elisabetta di sposare Ladislao, il giovane re di Polonia. Elisabetta, la quale aveva partorito un maschio a cui fu dato proprio il nome di Ladislao, in un primo momento accettò il matrimonio, ma poi all’arrivo di Ladislao di Polonia fuggì verso Visegrad portando con se la sacra corona di Ungheria. A Visegrad Elisabetta fece incoronare ufficialmente il neonato Ladislao per poi mandarlo con la sacra corona alla corte di Federico III d’Asburgo, il nuovo imperatore. La nobiltà ungherese reagì facendo incoronare Ladislao III e sancendo che solo la Dieta aveva il potere di incoronare il re d’Ungheria. Scoppiò una guerra interna che durò quasi due anni, fino alla mediazione del legato Contarini all’indomani della crociata. Elisabetta morì improvvisamente (forse avvelenata) circa una decina di giorni dopo la riappacificazione con Ladislao III, il quale si doveva preoccupare di legittimare il suo titolo dinnanzi alla Dieta. Durante questi due anni di guerra tra fazioni ungheresi Murad II aveva assediato per sei mesi Belgrado senza riuscire a conquistarla, ma aveva conquistato l’area di Novo Brdo con le sue miniere d’argento e saccheggiato più volte la Valacchia e la Transilvania.
L’inizio della crociata
I Crociati
Altri importanti esponenti della crociata erano il nuovo voidova di Transilvania Giovanni Corvino Hunyadi, condottiero ungherese e braccio destro di Ladislao III; lo stesso despota di Serbia Giorgio Branković; Mircea II, figlio del voidova di Valacchia Vlad Dracul II, il quale era conosciuto come il Diavolo, era in pessimi rapporti con il nuovo voidova di Transilvania ed era formalmente tributario degli Ottomani essendo stato obbligato anche a mandare come ostaggi gli altri due figli: Radu e Vlad Dracul III (per gli amici Dracula); il principe bulgaro Fruzhin, nipote dell’ultimo zar di Bulgaria. Il duca di Borgogna Filippo III il Buono non partecipò attivamente alla crociata ma finanziò l’assoldamento di mercenari e la costruzione di un flotta, ampliata successivamente con una mezza dozzina di galee veneziane e anche con una coppia di galee fornite dalla Repubblica di Ragusa. Aveva promesso delle galee per la crociata anche il re di Aragona e di Napoli Alfonso, ma non mantenne la promessa e si limitò nelle fasi successive a finanziare i principi albanesi ed epiroti che si erano ribellati agli Ottomani. Comandante della flotta era Alvise Loredan, il quale aveva operato una decina di anni prima alla difesa di Salonicco e a una spedizione contro i Genovesi per il controllo dell’isola di Chio.




Vittorie e ritirata
In queste prime fasi della crociata l’esercito crociato di circa 38.000 uomini sconfisse ripetutamente gli Ottomani conquistando l’importante fortezza di Nis in Serbia e successivamente Sofia per marciare verso Edirne (Adrianopoli), la “capitale europea” dell’Impero ottomano. L’esercito crociato fu fermato intorno la metà di dicembre nel passo di Zlatitsa dall’esercito di Khalil Pasha. Durante una difficoltosa ritirata tra neve, mancanza di viveri e l’ostilità della popolazione locale l’esercito crociato riuscì a infliggere un’ennesima sconfitta agli Ottomani in una battaglia notturna a Kunovica catturando Mahmud, cognato di Murad II.
Nei primi mesi del 1444 la Serbia era tornata sotto il controllo dei Crociati, i quali minacciavano Edirne e tutta la Bulgaria. Murad II sembrava non essere in grado di controllare i Balcani e i diversi suoi tributari lo avevano abbandonato accettando la protezione ungherese, tributari come Vlad Dracul II, Costantino Paleologo despota di Morea e futuro ultimo imperatore romano, il principe albanese di Kruja Giorgio Castriota Scanderbeg, il quale, comandante (beg) di una delle armate a difesa di Nis aveva disertato e aveva iniziato una ribellione in Albania finanziato da Alfonso d’Aragona. Il una lettera al Senato veneziano del 4 dicembre del 1443 il cardinale Contarini proclamò la fuga del sultano; mentre Ladislao e Giovanni Corvino posizionavo gli stendardi ottomani catturati nella Chiesa della Nostra Signora Assunta della Collina del Castello.
«…Molti uomini del re muoiono di fame durante la marcia. Loro potevano essere visti vacillare da lato a lato come stessero per cadere; con le loro facce pallide e gli occhi incavati, loro erano più fantasmi che uomini. Per rendere le cose più facili ai suoi uomini, il Re ordina che i cavalli più deboli devono essere uccisi, le armature e le armi devono essere seppellite, e ogni cosa più pesante che è utile: tende, carri, selle, vestiti e qualsiasi cosa che non può essere trasportato deve essere bruciatam cosi da prevenire che i Turchi le prendano e li usano contro loro. Loro dopo si ritirano lungo la strada iniziale. Scalzo il re entra a Buda in trionfo, il clero e i magnati della città vanno in processione per accoglierlo. Gli stendardi dei Turchi catturati sono posizionati nella Chiesa della Santa Vergine a Buda, e il re ordina che le armi di trenta dei primi nobili polacchi e lo stesso numero di armi degli ungheresi siano dipinte e appese nella stessa chiesa in onore del loro eroismo.»
Jan Długosz, Annales seu cronicae incliti regni Poloniae, AD 1443 – Traduzione in italiano da compendio inglese di Maurice Michael edito da IMPublications.
Armistizio e diplomazia
I Crociati avevano anche un particolare alleato in Asia Minore: Ibrahim, bay del Karaman in Asia Minore. La seconda fase della crociata doveva occupare gli Ottomani su diversi fronti: lungo il Danubio contro i Crociati, in Asia Minore contro Ibrahim, nel Peloponneso contro il despota Costantino Paleologo il quale aveva conquistato Tebe occupando la Beozia.
Alla fine della primavera del 1444 a Edirne iniziarono le negoziazioni tra i Crociati e gli Ottomani, negoziazioni favorite da due donne: l’anonima sorella di Mahmud che chiedeva un impegno del sultano per il rilascio del fratello; Mara, una concubina di Murad e soprattutto figlia di Giorgio Branković.
Nella metà di giugno dello stesso anno fu firmato un armistizio consistente in una tregua decennale: Ladislao III prometteva di non oltrepassare il Danubio e riconosceva il possesso ottomano della Bulgaria, gli Ottomani avrebbero pagato 100.000 fiorini d’oro ai Crociati e si sarebbero ritirati dall’Albania e dalla Serbia cedendo la fondamentale fortezza di Golubac sul Danubio; Giorgio Branković e Vlad II sarebbero rimasti tributari degli Ottomani, ma privi dall’obbligo dei rituali di corte e soprattutto sotto la protezione del re d’Ungheria.




La pace era favorita non solo dal sultano Mared II, ma anche dalla corte ungherese, soddisfatta dell’armistizio e preoccupata della stabilità interna; dalla corte polacca che chiedeva il ritorno del re per risolvere alcuni problemi di confine con il Granducato di Lituania; da Giorgio Branković e da Giovanni Corvino con il primo che cedeva i suoi possedimenti in Ungheria al secondo come risarcimento di un’eventuale neutralità in una futura guerra contro il sultano; dalla Repubblica di Genova la quale era in ottimi rapporti con gli Ottomani. La pace era osteggiata dal legato Cesarini, dal re Ladislao, dall’imperatore Giovanni VIII Paleologo e soprattutto dal Senato veneziano convinto che una seconda spedizione nei Balcani e il blocco dei Dardanelli avrebbe scacciato gli Ottomani dall’Europa. Il legato Cesarini con incredibile abilità diplomatica e con la minaccia di scomunica riuscì a far ritirare la buona parte dei re crociati dal trattato di pace pur non intaccando la legittimità del trattato.
«Quando questi affari stavano per essere conclusi, il Cardinale Giuliano usò tutto il suo potere nell’insistere, in presenza del re e degli altri voidova, che loro dovevano rompere l’armistizio e con le loro armi attaccare il sultano dei Turchi. Egli continuava a dire che una promessa fatta agli infedeli doveva in nessun modo essere mantenuta […] Con frequenti argomenti persuasivi lui spinse loro nell’atto proibito; e gli uomini che Marte o la spada potevano non in diverse occasioni sconfiggere, lui li sconfisse con leggere parole.»
Johannes de Thurocz, Chronica Hungarorum, 42, 237 traduzione in italiano da quella in inglese di Frank Mantello per il Research Institute for Inner Asian Studies della Indiana University
Nel frattempo l’esercito del sultano Murad II era ritornato in Asia Minore e il sultano addirittura aveva abdicato in favore del figlio dodicenne Maometto II decidendo di ritirarsi a vita ascetica; ma prima aveva risolto la questione orientale sconfiggendo il bay Ibrahim e imponendo un trattato di pace soddisfacente per entrambi.
Speranza, incomprensione e disastro
Ufficialmente il primo settembre iniziò la seconda fase della crociata, ma Giorgio Branković decise di restare neutrale non solo precludendo ai Crociati il suo esercito da circa ottomila uomini ma soprattutto la possibilità di attraversare la Serbia. Il venti settembre l’esercito crociato, composto da circa sedicimila uomini, oltrepassò il Danubio, quattro giorni dopo entrò in territorio ottomano e marciò verso Edirne. Nel frattempo le trenta galee guidate da Loredan bloccavano lo stretto dei Dardanelli, Costantino Paleologo fortificò Tebe e costrinse il Duca di Atene a pagare un tributo, l’albanese Giorgio Scanderbeg conquistò diverse fortezze in Albania Centrale, Vlad II rafforzò l’esercito crociato con quattromila o settemila uomini.
«De Ongaria si sente chel se apparechiaua grandissima quanttita de zente per uoler andar ad unirse con il campo de christiani et per questa cason’ Turchi sono molto sbigotiti, et questo per il gran miarcolo, che e aparso la citta de Adrenopoli. Cioe l’era uno persian qual era molto leterator et haueua reduto appresso de si una gran zente et andaua arditamente predicando la fede de ms. Giesu Christo, et che la legge de Maometo era una legge bestial. Per la qual cosa el cadi de Andrenopoli fece intromettere il ditto Persian con persone 2007 et fece tagliar la lingua a molti accio non predicasseno la fede de ms. Giesu Christo et molti se lassauano morir et non se curauano di suoi tormenti. Et questo fatto andarno alla preson doue era questo Persian essortandolo chel se douesse remouer da questa sua opinion et stando constante et riceputo patientemente el martirio fu uisto che l’anima sua fu portada per li anzoli alla gloria de uita eterna et per questo miracolo una grandissima quantita de Turchi sc haueuano fatto battizar et sono fuggiti per modo che li remasi una gran confusion tra i Turchi. Et adì 22 settembrio prefato l’intro foco terribile et non se sa doue chel uenisse et abruscio el butifreddo ustan che era il principal loco et fontego de zenovesi nel qual loco erano cento marchadanti con grandissima quantita de haver et brusciata la sua moschea grande et VIIm case per il qual foco li ditti remaseno come morti et dicono questo esser sta miracolo de Dia contra de loro.»
Testo della Cronaca Zancaruola di Gaspare Zancaruol, autore veneziano del quindicesimo secolo. Testo tratto da Franz Babinger, Von Amurath zu Amurath. Vor- und Nachspiel der Schlacht bei Varna <1444> in Oriens, vol.III, no. 2 1950, pp. 244-5
Maometto II, coinvolto in una guerra interna tra il i suoi tutori, non riuscì a gestire la difesa di Edirne dove si erano ribellati i giannizzeri che avevano incendiato una buona parte della città. Il futuro conquistatore di Costantinopoli con grandissima difficoltà riuscì a richiamare suo padre Murad dal ritiro, a riconsegnarli il sultanato e soprattutto il controllo delle operazioni militari.
L’esercito crociato non poteva perdere tempo nel conquistare le diverse e numerose fortezze in Bulgaria: tutto il territorio fu messo a ferro e fuoco, nemmeno le chiese ortodosse furono risparmiate ritenute colpevoli di non rispettare i dettami del concilio di Firenze. Ladislao inviò prigionieri turchi nelle fortezze proponendo un salvacondotto verso l’Anatolia in cambio ovviamente delle stesse fortezze; l’offerta fu rifiutata con sdegno e soprattutto mise pressione all’esercito crociato che doveva al più presso conquistare Edirne.
Nella metà di ottobre l’esercito di Khalil Pasha conquistò la costa europea del Bosforo grazie al supporto delle navi genovesi di Pera (Galata). La flotta di Loredan intervenne troppo tardi e in modo disorganizzato quando oramai Khalil Pasha aveva fortificato la costa europea creando uno sbarramento di artiglieria per coprire l’arrivo di Murad II. Quando Loredan riuscì a comunicare a Contarini lo sbarco del sultano, quest’ultimo era oramai a Varna dove avrebbe incontrato l’esercito crociato in una battaglia campale.




«Nell’anno 6953, nell’ottava indizione, il dieci novembre, il Re (Ladislao) fu ucciso a Varna a causa della sua stupidità»
Anonima cronaca greca del quindicesimo secolo
In quel dieci novembre del 1444 la battaglia sembrò essere favorevole ai crociati: le truppe di Giovanni Corvino che occupavano l’ala sinistra dello schieramento crociato sconfissero le truppe del bey Karaca e quelle di Sihabeddin Pasha; ma Murad II decise di rimanere nella sua posizione difeso dai fedeli giannizzeri. Il protagonista di questa battaglia non fu né Murad II e né Giovanni Corvino, ma Ladislao III il quale, non ascoltando il consiglio di Corvino di rimanere indietro come truppa fresca di supporto all’ala sinistra, decise di lanciarsi alla carica contro i giannizzeri desideroso di sconfiggere e uccidere personalmente Murad II mettendo il definitivo sigillo sulla crociata e soprattutto sulla corona del regno di Ungheria. La carica di Ladislao III impattò sui giannizzeri, uno di questi riuscì a disarcionare Ladislao III, a decapitarlo e a esporre la sua testa su una picca. I Crociati caddero nel panico e si ritirarono dal campo incalzati dai rinforzi degli Ottomani, solo Giovanni Corvino riuscì a evitare una carneficina raggruppando le poche truppe rimaste in un cerchio di carri.
I crociati che caddero prigionieri furono passati per le armi, venduti come schiavi o donati agli altri sovrani islamici: alcuni di questi prigionieri ungheresi arrivarono a servire il Khan di Crimea. A Varna cadde anche il cardinale Contarini: alcune fonti dicono di essere stato assassinato a tradimento da un traghettatore durante la sua ritirata, altri che fu condotto a Edirne e ucciso, solo la magnanimità del sultano evitò una morte per scorticamento. Giovanni Corvino si ritirò in Valacchia, ma con sua enorme sorpresa fu fatto prigioniero da Vlad Dracul II e liberato solo dopo un lauto riscatto; anni dopo Corvino si vendicherà invadendo la Valacchia, sconfiggendo il Diavolo e seppellendolo vivo insieme al figlio Micrea II, l’unico sopravvissuto della vendetta di Corvino fu Vlad Dracul III. Giorgio Branković vide premiata la sua strategia attendista: aveva recuperato la Serbia pur dovendo cedere i suoi possedimenti ungheresi ai Corvino ed era in buoni rapporti con gli Ottomani. In Ungheria i nobili della Dieta decisero di andarsi a riprendere con la forza il piccolo Ladislao, il figlio di Elisabetta e di Alberto, dalla corte di Federico III, lo misero sul trono d’Ungheria con Giovanni Corvino come reggente. Decenni dopo il figlio di Giovanni, Mattia diventerà re d’Ungheria. Nel settembre del 1445 un trattato tra Venezia e gli Ottomani concluse formalmente la crociata, Costantinopoli rimase oramai isolata e dopo pochi anni fu conquistata da Maometto II.
Bibliografia
- Gelasius Dobner, Monumenta historica Boemiae, vol.I, Praga, Literis Joannis Josephi Clauser Regii Typographi, 1764 (link).
- Thaddeus V. Tuleja, Eugenius IV and the Crusade of Varna in The Catholic Historical Review, vol. 35, n° 3, 1949, pp. 257-275.
- Franz Babinger, Von Amurath zu Amurath. Vor- und Nachspiel der Schlacht bei Varna <1444>; in Oriens, vol.3, n. 2, 1950, pp. 229-265.
- A History of the Crusades: The fourteenth and fifteenth centuries; edited by Harry W.Hazard, vol.III, Madison, The University of Wisconsin Press, 1975.
- Doukas, Decline and fall of Byzantium to the Ottoman Turks; an Annotated Translation of “Historia Turco-Byzantina” by Harry J, Magoulias, Detroit, Wayne State University Press, 1975.
- János Thuróczy, Chronicle of the Hungarians; Translation by Frank Mantello, Bloomington, Indiana University Research Institute for Inner Asian Studies, 1991.
- The Annals of Jan Długosz: Annales seu cronicae incliti regni Poloniae; an English abridgement by Maurice Michael, Charlton, IM Publications, 1997.
- Colin Imber, The Crusade of Varna, 1443-45; Hampshire-Burlington, Ashgate, 2006.
- Giorgio Ravegnani, Bisanzio e Venezia, Bologna, il Mulino, 2006.
- Tommaso Braccini, L’impero bizantino e l’est europeo in La Storia: Italia Europa Mediterraneo, vol. 16, Roma, Salerno Editrice, 2017, pp. 525-552.