Licantropi greci e romani
Un lupo mannaro romano a Vico Angusto
Il Satyricon di Petronio e le Metamorfosi di Apuleio sono gli unici romanzi latini giunti a noi ed entrambi hanno in comune le lunghe digressioni interne, quasi delle piccole novelle intrecciate con la trama principale. Nel Satyricon il liberto Nicerote, ospite di Trimalcione, racconta per volontà di quest’ultimo una disavventura che visse al tempo della sua schiavitù.
«Volle il caso che il padrone fosse partito per Capua a smerciarvi il meglio delle sue cianfrusaglie. Afferrata al volo l’occasione, convinco un tale, ospite lì da noi, a venire con me sino al quinto miglio. Non per nulla era un soldato, forte come il demonio (Orcus). Leviamo le chiappe verso il canto del gallo. La luna luceva come a mezzogiorno. Arriviamo a un cimitero: il mio uomo si mette a farla tra le tombe, io mi siedo canterellando e conto le tombe quante sono. Poi, come torno con gli occhi al compagno, quello è lì che si sveste e depone tutti gli abiti al margine della strada. Io avevo il cuore in gola, ero più morto che vivo. Quello allora piscia in cerchio intorno agli abiti e all’improvviso diventa lupo (Lupus factus est). Badate che non scherzo: non mentire per tutto l’oro del mondo. Dunque, come dicevo, una volta che divenne lupo, incominciò ad urlare e fuggì nelle selve. Io sulle prime non sapevo più dove fossi. Poi mi veci vicino, per raccattare gli abiti di quello là, ma gli abiti erano divenuti di pietra. A morir di paura, chi più morto di me? Tuttavia strinsi in pugno la spada, e, abracadabra (matavitatau), andai infilzando le ombre, sin quando non giunsi al podere della mia amica. Entrai che ero uno spettro, mezzo scoppiato, con il sudore che mi correva per la forcata, con gli occhi fissi: ce ne volle per rimettermi. La mia Melissa sulle prime era stupita che io fossi in girò così tardi, e “Se arrivavi un po’ prima, – disse, – almeno ci davi una mano, ché un lupo si è introdotto nel podere e da vero macellaio ci ha sgozzato tutte le bestie. Però non l’ha fatta pulita, anche se è riuscito a fuggi, ché uno dei nostri schiavi gli ha trapassato il collo con la lancia”. A sentir questo, non riuscii più a chiuder occhio, ma, appena fatto giorno, via di corsa alla casa del nostro Gaio, che sembravo l’oste dopo il repulisti. E una volta che giunsi in quel luogo, dove gli abiti erano diventati di pietra, non altro trovai che del sangue. Come poi giunsi a casa, il mio soldato giaceva sul letto che sembrava un bove e c’era un medico che gli curava il collo. Mi fu chiaro che era un lupo mannaro (versipellem est), né ho potuto da allora dividere il pane con lui, nemmeno si mi avessero ammazzato. Comodi gli altri di pensarla in proposito come voglio, ma io, se mento, che il cielo mi punisca».
Petronio, Satyricon, 62 – [Traduzione tratta da edizione Einaudi a cura di Vincenzo Ciaffi]
Nicerote vide un versipelle, o volgarmente un licantropo. Tralascio questo passo di Petronio, perché si differenzia totalmente dalle altre testimonianze sui licantropi nel mondo greco – romano. Per ora basti precisare che i licantropi dei Greci e dei Romani sono uomini trasformati in lupo e non uomini-lupo o uomini con fattezze lupine o lupi giganti; inoltre ci limiteremo a raccontare di licantropi e non di uomini che si travestono da lupi come Dolone1Omero, Iliade, 334; Pseudo-Euripide, Reso, 208-218 e Dorcone2Longo Sofista, Dafni e Cloe, I, 20, oppure della donna o della donna lupina come rappresentazione dell’istinto sessuale violento, selvaggio e promiscuo.
Licaone: il primo licantropo
Il mito di Deucalione e Pirra, variante greca del mito del diluvio universale, è abbastanza conosciuto, ma meno lo è il motivo per cui Zeus decise di annientare l’umanità. Come il dio dell’Antico testamento anche Zeus mandò un diluvio per punire l’umanità della loro malvagità e volendo prima accettarsi di tutto ciò si recò in Arcadia chiedendo ospitalità al re Licaone (Λυκάων), figlio di Pelasgo. Questo o forse i suoi cinquanta figli misero alla prova la natura divina di Zeus sgozzando un prigioniero molosso e cucinandolo per poi servirlo. Zeus inorridito da questo atto blasfemo e crudele, rovesciò la mensa, fece crollare il palazzo di Licaone e uccise a colpi di folgore tutti i suoi figli a eccezione di uno, mentre allo stesso Licaone riservò una diversa punizione:
«[Licaone] fugge, atterrito, e raggiunti i silenzi della campagna si mette a ululare: invano si sforza di emettere parole. La rabbia gli sale alla faccia dal profondo del suo essere, e assettato come sempre di strage si rivolge contro le greggi, e anche ora gode a spargere sangue. Le vesti trapassano n pelame, le braccia in zampe: diventa lupo, e serba tracce della forma di un tempo. La brizzolatura è la stessa, uguale è la grinta rabbiosa, uguale il lampo sinistro negli occhi, uguale l’aria feroce.»
Ovidio, Metamorfosi, I, 232-239 – [Traduzione tratta da edizione Einaudi a cura di Piero Bernardini Marzolla]
Il mito di Licaone è giunto in diverse versioni che si differenziano tra di loro per diversi particolari: il collegamento con il mito del diluvio3Pseudo-Apollodoro, Biblioteca, III, 8, Zeus dalle sembianze di un mendicante4Nicola di Damasco, F39, HGM I, p.26 Dindrof; Igino, Astronomia, II, 4; Apollod., Biblioteca, III, 8, la presenza di un bambino al posto del molosso5Eratostene, Catasterismi, 8; Licofrone, Alessandria, 479-481; Nic.Dam., F39, HGM, I, p.26 Dindrof; … Continue reading, il figlio di Licaone sopravvissuto e la sua espiazione nel fondare una città nel punto in cui Zeus rovesciò la mensa e iniziò a scagliare folgori6Trapezunte. Igino, Favole, 176; Apollod., Biblioteca, III, 8; Mythographi Vaticani, I, 17; … Continue reading. Più della metà di queste varianti presentano la trasformazione del re in lupo7Eratostene, Licofrone, Igino, Stazio, lo Pseudo-Apollodoro, gli anonimi autori dei Mytographi … Continue reading.

Licantropi e sacrifici umani
Pausania il Periegeta, autore di una “guida turistica” della Grecia in dieci volumi, dedica diverse righe al mito di Licaone, presentato non come un re crudele e sanguinario, ma come un re civilizzatore. Licaone fondò la prima città al mondo, Licosura8Λυκόσουρά – “la prima città che il sole vide” Paus., VIII, 38, 1, sulle pendici del monte Liceo; qui costruì un altare sacrificale e creò il culto di Zeus Liceo; inoltre inventò le gare Licee, precedenti alle Panatenee di Atene9Paus., VIII, 2, 1. Licaone fu in disaccordo con Cecrope, re leggendario di Atene, sulle vittime sacrificali per Zeus: Cecrope rifiutò qualsiasi spargimento di sangue e inventò dei “dolcetti” da destinare agli dei, i pelani (πέμματα). Licaone sacrificò un neonato, gesto blasfemo e crudele che fu punito da Zeus con la trasformazione in lupo10Paus., VIII, 2, 3.
Pausania afferma di aver assistito all’antico rito sul monte Liceo, ma non lo vuole descrive, perché non gli piacque11Paus., VIII, 38, 7; però in altro luogo racconta una particolare storia riguardo i partecipanti a tale rito: uno di essi, si trasforma in lupo e dovrà resistere al desiderio di mangiare carne umana per nove anni, fino a quando allo scattare del decimo anno ritornerà al suo aspetto umano12Paus., VIII, 2, 6. Uno di questi uomini divenuti lupi fu il pugile Damarco, che addirittura vinse le Olimpiadi dopo i nove anni da lupo13Paus., VI, 8, 2.
Pausania giudica come sciocchezze tutte queste storie leggendarie su uomini divenuti animali e nel caso particolare di Damarco precisa di aver letto personalmente l’epigrafe della sua statua nel recinto dei vincitori olimpici a Olimpia e lì non c’è nessun accenno a questo prodigio dell’uomo lupo14Paus., VI, 8, 2. Seguendo il passo di Pausania Luigi Moretti ha suggerito che Damarco abbia vinto … Continue reading.
«Il figlio di Dinitta, Damarco, dedicò questa
immagine, Damarco d’Arcadia, di nascita Parrasio.»
Pausania, Periegesi, VI, 8, 2 – [Traduzione di Salvatore Rizzo per edizione BUR]
Per quanto riguarda la scelta di Pausania di non descrivere i riti sul monte Liceo, questo potrebbe essere un accenno a dei sacrifici umani ancora in corso a quel tempo, sacrifici accennati anche da Platone15Platone, Repubblica, VIII, 16, 565e-566a; Platone, Minosse, V, 315c e da Teofrasto16Frammento di opera sconosciuta citata da Porfirio. Porfirio, Astinenza dagli animali, II 27 in … Continue reading circa un mezzo millennio prima del Periegeta. I recentissimi scavi archeologici sul monte Liceo hanno dato alla luce ceramiche e utensili collegabili ai riti, ma tra le ossa delle vittime ritrovate non c’è nessun resto umano. Negli ultimi anni dell’Ottocento James George Frazer, il padre dell’antropologia, nel suo commento all’opera di Pausania, riporta un aneddoto dei contadini che vivono nei pressi del monte Liceo sulle diverse ossa ritrovate nei pressi degli scavi archeologici: sono ossa di uomini uccisi calpestati dai cavalli17Pausanias’s Description of Greece translated with a commnentary by J.G. Frazer; vol. IV, London, … Continue reading.
La leggenda degli uomini divenuti lupi arrivò anche a Roma tra la fine del secondo secolo a.C. e l’inizio del primo: una testimonianza di Varrone è stata trasmessa da Plinio il Vecchio e successivamente da Agostino d’Ippona. Plinio non solo si scaglia contro tutti quei creduloni convinti della possibilità di trasformare un uomo in un lupo a suon di magie e di malefici, ma anche contro gli storici greci, creduloni di primissima categoria che hanno diffuso tali dicerie18Plinio il Vecchio, Storia della Natura, VIII, 34, 80; 82.
«È straordinario fino a che punto si spinga la credulità dei Greci. Nessuna bugia è tanto spudorata da essere priva dell’autorità di un testimone.»
Plinio il Vecchio, Storia della natura, VIII, 34, 82 – [Traduzione di Elena Giannarelli per il secondo volume dell’edizione Einaudi dell’opera di Plinio.]
Uno di questi storici creduloni di Plinio è Evante19Corruzione di Neante di Cizico, storico greco del III° a.C., il quale descrive un rito della famiglia arcade degli Anto: attraverso il sorteggio è scelto un uomo di questa famiglia, il quale appende la propria veste a una determinata quercia, albero sacro a Zeus, e nudo si immerge in uno stagno per poi allontanarsi in luoghi remoti dove si trasforma in lupo e vive in un branco di lupi per ben dieci anni, al cui scadere ritorna uomo, benché invecchiato di nove anni, e si riprende la veste20Plin., H.N., VIII, 34, 81. Altro storico citato da Plinio è Scopa, autore di un catalogo dei vincitori delle Olimpiadi, il quale racconta di come il pugile Demeneto di Parassia (da identificare con il Damarco di Pausania) prima di vincere le Olimpiadi fosse stato per nove anni un lupo, colpevole di aver divorato le viscere crude di un bambino sacrificato durante la cerimonia sul monte Liceo21Plin., H.N., VIII, 34, 82. Con alcune piccole differenze Agostino riporta la stessa testimonianza di Plinio negando l’esistenza di queste creature mostruose, benché solo il Dio cristiano onnipotente, non demoni e streghe, sia capace di tali punizioni contro i miscredenti22Agostino di Ippona, La città di Dio, XVIII, 17; 18, 2.
Interpretare i licantropi e i riti arcadi
Il mito di Licaone e l’oscuro rito degli Arcadi sul monte Liceo colpiranno diversi studiosi. Il già citato Frazer, questa volta nel suo commento alla Biblioteca dello Pseudo-Apollodoro, propone l’idea del rito degli Arcadi come un rito della Grecia Arcaica, rito ottennale o novennale, che regola il diritto della regalità con il re-sacerdote, espressione del Dio Lupo, attraverso l’appendere e il riprendere la veste a una quercia sacra, e l’allontanamento fittizio dalla società per numerosi anni23Apollodoro, Biblioteca (Commento di James G. Frazer e traduzione di Guido Giudorizzi), Milano, … Continue reading. Louis Gernet, antropologo francese della prima metà del secolo scorso, collega questo rito alla figura di Dolone il guerriero travestito da lupo, e lo interpreta come un rito di passaggio all’età adulta24Louis Gernet, The Anthropology of Ancient Greece (Translated by John Hamilton, S.J. and Biase … Continue reading.
Licantropi politici
Ritornando alla Grecia Platone utilizza la leggenda dei riti arcadi sul monte Liceo per descrivere il tiranno: come l’uomo divenuto lupo è assettato di sangue umano e divora uomini e animali, così il tiranno è assettato di sangue, e si sazia del sangue del popolo debole, trascinando in tribunale i suoi nemici, facendoli mandare in esilio o uccidendoli, mentre compra l’amore del popolo proponendo la distribuzione delle terre e la cancellazione dei debiti25Pl., R., VIII, 16, 565e-566a.
Licantropi e maghi
La credenza popolare su uomini divenuti lupi e addirittura la capacità dei maghi e delle streghe di poter trasformare un uomo e in lupo non è limitata solo alla lunga accusa di Plinio. Virgilio, nell’ottava ecloga, descrive Meri, un mago che si trasforma in lupo ingerendo delle erbe provenienti dal lontano Ponto; un negromante che frequenta i cimiteri per interrogare le anime dannate26Virgilio, Bucoliche, VIII, 95-99; Servio, Commento alle Bucoliche di Virgilio, VIII, 97. Il licantropo di Petronio sembra anche lui un mago o uno stregone, capace di fare magie dopo atti blasfemi come l’orinare sulle tombe; ma ha anche un aspetto demoniaco come il rimarcare la sua provenienza dagli inferi, dall’Orco.
I Neuri, i licantropi del Nord-Est
Il primo autore a narrare di uomini – lupo è Erodoto con i Neuri. Questo popolo scita abitava le terre settentrionali della remota e misteriosa Scizia, però una generazione prima della spedizione del Re dei Re Dario I contro gli Sciti(515-505 a.C.), dovette abbandonare la loro terra a causa di un’invasione di serpenti e migrò a sud insieme al popolo dei Budini. Erodoto, pur giudicando tutto ciò come una sciocchezza, afferma di aver sentito da Greci e da Sciti che vivono sulle coste della Scizia, che tra i Neuri ci sono numerosi stregoni e che ogni anno per alcuni giorni si trasformano in un lupo27Erodoto, Storie, IV, 105, 1-2. Secoli dopo il geografo romano Pomponio Mela riporterà questa leggenda e collocherà i Neuri alle foci del fiume Tyras (il Dnestr) in una città con il loro stesso nome28Pomponio Mela, Cosmographia, II, 7; II, 14; Solino, De mirabilibus mundi, XV, 1.
Licantropi malinconici
I diversi autori greci menzionati precedentemente non utilizzano la parola licantropo (λυκάνθρωπος) o licantropia (λυκανθρωπία), quest’ultima è coniata nel Tardo Impero dai principali medici del tempo29Probabilmente la fonte originale è il De lycantrophia un trattatello medico in versi di Marcello … Continue reading. Questi definiscono la licantropia come una degenerazione della malinconia e i licantropi sono uomini che si credono lupi. I sintomi di questa malattia sono il viso pallido, lo sguardo vuoto, gli occhi secchi, la lingua secca e l’assenza di saliva benché siano continuatamente assetati, le loro gambe piene di ulcere e di escoriazioni. La malattia è curabile come la malinconia basta incidere una vena e svenare il malato fino al suo svenimento, per poi nutrirlo al suo risveglio e immergerlo in bagni di acqua dolce oppure di latte. In caso del ritorno della malattia sono necessarie anche purghe di coloquintide, la somministrazione di un teriaca di vipera e lo strofinare l’oppio sulle sue narici per farlo addormentare. Questa cura è stata riportata anche da autori arabi e in particolare da Avicenna (Ibn Sinā) che toglie da questa cura tutti i riferimenti ai lupi, chiama la malattia (al)cutubut/chatrab come un insetto pattinatore tipico delle paludi; però in altro luogo Avicenna descrive la mania canina (demonium lupinum), una malinconia caratterizzata dall’ira e dalla gioia tipica di cani e lupi30Su Avicenna rimando direttamente a questo articolo: Carlo Donà, La malinconia del mannaro in … Continue reading.
Licantropi, cani rabbiosi e demoni infernali
Licantropia (λυκανθρωπία) e Licaone (Λυκάων), stessa radice di lupo (λύκος) ma anche della rabbia (λύσσα) marziale31Principalmente nell’Iliade. Omero, Iliade, IX, 239 o come malattia32Aristotele afferma che la rabbia non può essere trasmessa agli uomini. Senofonte, Anabasi, VII, 5, … Continue reading, e del delirare freneticamente come un cane rabbioso33Aristofane, Lisistrata, 298; Epicuro, Gnomologio vaticano, 11 (λυσσάω). Esiste anche una Lissa (Λύσσα), una daimon minore, una Furia, figlia della Notte e del sangue di Uranto, l’espressione della rabbia incontrollabile e frenetica. L’unica testimonianza letteraria è l’Eracle di Euripide34Euripide, Eracle, 833-874, ma la principale testimonianza del rapporto tra questa divinità e la licantropia (malattia) è figurativa.




In latino tutto questo si perde: Lissa diventa Ira, però lytta (traduzione di λύττᾰ, variante attica di λύσσα) indica un particolare vermicello presente sotto la lingua dei cani, vermicello che provoca la rabbia e che è consigliabile rimuovere ai cuccioli. Per evitare che si contragga la rabbia dopo essere mosso da un cane rabbioso si deve assumere questo vermicello dopo averlo portato in giro per tre volte intorno al fuoco35Plin., H.N., XXIX, 32, 100; Grattio, Cinegetico, 384. Il lycaon è un lupo esotico proveniente dall’Etiopia36Mela, III, 9 o dall’India, quest’ultimo caratterizzato dal fluente criniera37Plin., H.N., VIII, 52, 123; oggi licaone indica il cane selvatico africano, unico rappresentante del genere lycaon. Il licantropo latino, come visto in Petronio, è il versipellis, colui che cambia pelle, parola che avrà fortuna anche nella letteratura medievale.
Nei secoli successivi attraverso la lettura di Avicenna saranno distinti due tipi di licantropi: i malati di licantropia e gli indemoniati o peggio demoni veri e propri. Le due tesi si alterneranno, ma quando la caccia all’eretico e alla strega si intensificherà prevarrà quest’ultima descrizione.
«Un antico scrittore francese la Rocheflavin riferisce una sentenza del parlamento di Dòle del 18 gennaio 1574 che condannava ad essere bruciato Guglielmo Garnier, perché avendo rinunziato a Dio, ed essendosi obbligato con giuramento a non servire che il diavolo, era stato cangiato o trasformato in lupo.»
Dizionario infernale ossia esposizione della magia […] compendiata e ridotta dal Dictionnaire Infernal di Collin de Plancy per cura di Francesco Piquè di Livorno, Milano, Stabilimento tipografico dell’editore Francesco Pagnoni, 1874, p. 318
Bibliografa
- Dizionario infernale ossia esposizione della magia […] compendiata e ridotta dal Dictionnaire Infernal di Collin de Plancy per cura di Francesco Piquè di Livorno, Milano, Stabilimento tipografico dell’editore Francesco Pagnoni, 1874.
- Pausanias’s Description of Greece translated with a commnentary by J.G. Frazer; vol. IV, London, Macmillan and co., 1898.
- Montague Summers, The Werewolf in Lore and Legend, New York, Dover Publications Inc., 1933.
- Louis Gernet, The Anthropology of Ancient Greece (Translated by John Hamilton, S.J. and Biase Nagy), Baltimore, The John Hopkins University Press, 1981.
- Stephen J. Epstein, Longus’ Werewolves in Classical Philology, vol. 90, n.1 (Gennaio 1995), pp. 58-73.
- Apollodoro, Biblioteca (Commento di James G. Frazer e traduzione di Guido Giudorizzi), Milano, Fabbri Editori, 2001.
- Carlo Donà, Approssimazioni al lupo mannaro medievale in Studi Celtici. vol.IV, 2006, 105-153.
- Carlo Donà, La malinconia del mannaro in Quaderni di Studi Indo-Mediterranei (a cura di Alessandro Grossato), vol.III, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2010, pp. 41-64.
- Luigi Moretti, Il catalogo degli olympionikai (1957) in Luigi Moretti e il catalogo degli Olympionikai. Testimonianze epigrafiche, letterarie, papirologiche e numismatiche sui vincitori degli agoni olimpici panellenici (Ellade e Magna Grecia: 776 a.C – 393 d.C.); Roma, Arbor SapientiaE, 2014.
- THEOI project – www.theoi.com (Voci: Lyacon – Lyssa)
- GRIMM – Dizionario Etimologico della Mitologia Grecia (Voce: Licaone)
Note
↑1 | Omero, Iliade, 334; Pseudo-Euripide, Reso, 208-218 |
---|---|
↑2 | Longo Sofista, Dafni e Cloe, I, 20 |
↑3 | Pseudo-Apollodoro, Biblioteca, III, 8 |
↑4 | Nicola di Damasco, F39, HGM I, p.26 Dindrof; Igino, Astronomia, II, 4; Apollod., Biblioteca, III, 8 |
↑5 | Eratostene, Catasterismi, 8; Licofrone, Alessandria, 479-481; Nic.Dam., F39, HGM, I, p.26 Dindrof; Ovidio, Ibis, 433-434; Apollod., Biblioteca, III, 8; Stazio, Tebaide, VII, 414; XI, 126; Pausania, Periegesi, VIII, 2, 3; Clemente Alessandrino, Protrettico, II, 14; Arnobio, Difesa della Vera religione, IV, 24; Nonno di Panopoli, Dionisiache, XVIII, 20-21; 31-32 |
↑6 | Trapezunte. Igino, Favole, 176; Apollod., Biblioteca, III, 8; Mythographi Vaticani, I, 17; Lattanzio Placido, In Statii Thebaida commentum, XI, 128; I, Dale Sweeney – digilibLT; Scholia Strozziana et Sangermanesia a Germanico, Aratea, 140-1, p. 124. Breysig |
↑7 | Eratostene, Licofrone, Igino, Stazio, lo Pseudo-Apollodoro, gli anonimi autori dei Mytographi Lattanzio Placido, gli scoliasti a Germanico |
↑8 | Λυκόσουρά – “la prima città che il sole vide” Paus., VIII, 38, 1 |
↑9 | Paus., VIII, 2, 1 |
↑10 | Paus., VIII, 2, 3 |
↑11 | Paus., VIII, 38, 7 |
↑12 | Paus., VIII, 2, 6 |
↑13 | Paus., VI, 8, 2 |
↑14 | Paus., VI, 8, 2. Seguendo il passo di Pausania Luigi Moretti ha suggerito che Damarco abbia vinto l’Olimpiade tra il quinto e il quarto secolo a.C., tanto per lo stile semplice dell’iscrizione, lontano dalla retorica alessandrina, quanto per il suo essere posizionato vicino ad atleti vincitori di quel periodo. Luigi Moretti, Il catalogo degli olympionikai (1957) in Luigi Moretti e il catalogo degli Olympionikai. Testimonianze epigrafiche, letterarie, papirologiche e numismatiche sui vincitori degli agoni olimpici panellenici (Ellade e Magna Grecia: 776 a.C – 393 d.C.); Roma, Arbor SapientiaE, 2014, 80, n°359. |
↑15 | Platone, Repubblica, VIII, 16, 565e-566a; Platone, Minosse, V, 315c |
↑16 | Frammento di opera sconosciuta citata da Porfirio. Porfirio, Astinenza dagli animali, II 27 in Eusebio di Cesarea, Preparazione evangelica, IV, 16, 4 |
↑17 | Pausanias’s Description of Greece translated with a commnentary by J.G. Frazer; vol. IV, London, Macmillan and co., 1898, p.352 |
↑18 | Plinio il Vecchio, Storia della Natura, VIII, 34, 80; 82 |
↑19 | Corruzione di Neante di Cizico, storico greco del III° a.C. |
↑20 | Plin., H.N., VIII, 34, 81 |
↑21 | Plin., H.N., VIII, 34, 82 |
↑22 | Agostino di Ippona, La città di Dio, XVIII, 17; 18, 2 |
↑23 | Apollodoro, Biblioteca (Commento di James G. Frazer e traduzione di Guido Giudorizzi), Milano, Fabbri Editori, 2001, p. 323 |
↑24 | Louis Gernet, The Anthropology of Ancient Greece (Translated by John Hamilton, S.J. and Biase Nagy), Baltimore, The John Hopkins University Press, 1981, pp. 125-139 |
↑25 | Pl., R., VIII, 16, 565e-566a |
↑26 | Virgilio, Bucoliche, VIII, 95-99; Servio, Commento alle Bucoliche di Virgilio, VIII, 97 |
↑27 | Erodoto, Storie, IV, 105, 1-2 |
↑28 | Pomponio Mela, Cosmographia, II, 7; II, 14; Solino, De mirabilibus mundi, XV, 1 |
↑29 | Probabilmente la fonte originale è il De lycantrophia un trattatello medico in versi di Marcello di Side, autore del II° d.C.. Galeno, Sulla malinconia, III; vol. XIX, pp.719-720, Kuhn; Oribasio, Synopsis, VIII, 10; Paolo di Egina, Sulla medicina, III, 16 |
↑30 | Su Avicenna rimando direttamente a questo articolo: Carlo Donà, La malinconia del mannaro in Quaderni di Studi Indo-Mediterranei (a cura di Alessandro Grossato), vol.III, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2010, pp. 51-52 |
↑31 | Principalmente nell’Iliade. Omero, Iliade, IX, 239 |
↑32 | Aristotele afferma che la rabbia non può essere trasmessa agli uomini. Senofonte, Anabasi, VII, 5, 26; Aristotele, Storia degli Animali, VIII, 22, 605a; Galeno, A Patrofilo sulla costituzione della medicina, 18; vol.I, p.296 Kuhn |
↑33 | Aristofane, Lisistrata, 298; Epicuro, Gnomologio vaticano, 11 |
↑34 | Euripide, Eracle, 833-874 |
↑35 | Plin., H.N., XXIX, 32, 100; Grattio, Cinegetico, 384 |
↑36 | Mela, III, 9 |
↑37 | Plin., H.N., VIII, 52, 123 |