Palestra, dea minore
Palestra da Orange
Questa ceramica in terracotta con tre manici fu ritrovata a Orange in Provenza e fu donata nel 1917 dagli eredi del banchiere, industriale e collezionista d’arte John Pierpont Morgan al Metropolitan Museum of Art di New York, dove tuttora è conservata ed esposta.
La datazione di questa ceramica è piuttosto incerta e oscilla tra la seconda metà del primo secolo d.C. e la fine del terzo. La ceramica fu probabilmente prodotta nella Colonia Julia Firma Secundanorum, colonia fondata dai legionari della Legio II Gallica, una delle quattro legioni consolari di Giulio Cesare degli anni della guerra civile; ed era conosciuta anche con il nome di Arausio1Strabone, Geographia, 4, 1, 11; Pomponio Mela, Geographia, 2, 75; Plinio il Vecchio, Naturalis … Continue reading.
Particolarità di questa ceramica sono i tre sigilli impressi tra i manici: uno raffigura una figura femminile condotta su un carro, figura riconducibile quasi sicuramente a Iside per l’aspetto e per la postura, ma soprattutto per la presenza sulla destra di una figura cinocefala, ossia Anubi. Sulla parte inferiore del sigillo la scritta benaugurate: FELICIS CERA.
Gli altri due sigilli di questa ceramica sono identici e raffigurano due uomini e due donne, identificabili grazie a delle piccole scritte: da sinistra verso destra Scheneo (Σχοινεύς), Atalanta (Ἀταλάντη), Ippomene (Ἱππομένης) e Palestra (Παλαίστρα).
«Atalanta
Igino, Fabulae, 185 – [Traduzione di Fabio Gasti per edizione Rusconi Libri]
Si racconta che Scheneo avesse una figlia vergine bellissima, Atalanta, che nella sua bravura batteva nella corsa gli uomini. Essa chiese al padre di conservarle la verginità. E così, siccome veniva chiesta in moglie da parecchi pretendenti, suo padre stabilì una gara: chi voleva prenderla in moglie prima doveva confrontarsi con lei in una gara di corsa, stabilito un traguardo; lui doveva fuggire disarmato e lei doveva inseguirlo con un giavellotto: se l’avesse raggiunto entro la linea di arrivo, lo doveva uccidere e doveva affiggere la testa di quello nello stadio. Dopo aver vinto e ucciso parecchi concorrenti, alla fine fu sconfitta da Ippomene, figlio di Megareo e Merope. Costui infatti aveva ricevuto da Venere tre mele di straordinaria bellezza ed era stato istruito su come usarle. Lasciandole cadere durante la gara rallentò lo slancio della ragazza, perché lei raccogliendole e ammirandone l’oro rallentò e diede la vittoria al ragazzo. A causa della sua intraprendenza Scheneo gli diedi di buon grado sua figlia in sposa. Mentre la portava in patria, dimenticò di aver vinto grazie all’aiuto di Venere e non la ringraziò. A causa dell’ira di Venere, mentre sul monte Parnaso faceva un sacrificio a Giove Vincitore, fu preso dal desiderio e giacque con lei nel tempio: per questo gesto Giove li trasformò in un leone e in una leonessa, animali cui gli dei negano i piaceri di Venere.»
Tralasciando le diverse varianti del mito di Atalanta2Diverse sono le varianti del nome del padre e di colui che sconfisse Atalanta nella gara. La … Continue reading e la spiegazione della metamorfosi in leoni, è particolare, anzi unica, la presenza di Palestra, personaggio della mitologia greco-romana strettamente legato al mondo delle palestre, ossia di quegli edifici privati dove i ragazzi si allenavano nei diversi sport e in particolare nella lotta libera. La tradizione mitica individuava in Hermes – Mercurio l’inventore della lotta libera3Orazio, Carmina, 1, 10, 4; Babrio, Fabulae, 48; Porfirione, Commentarium in Horatium Flaccum, … Continue reading, ma lo legava a Palestra come amante o come padre.
Il vaso di Orange è l’unica testimonianza iconografica di questo personaggio della mitologia greco-romana; oltre a questa ci sono tre testimonianze letterarie provenienti dai cosiddetti autori “minori“: il nipote di uno dei principali esponenti della seconda sofistica; un grammatico latino e una proto-enciclopedia bizantina.




Palestra la traditrice
Servio Mario Onorato fu un grammatico latino vissuto nel quarto secolo d.C. e autore di un commento alle opere di Virgilio. Nel commentare un verso dell’ottavo libro dell’Eneide riassume brevemente un episodio mitico riguardante Mercurio. Attraverso questo mito Servio si sofferma anche sull’etimologia del nome di una montagna del Peloponneso, su quella di una parola greca e sulla particolarità di alcune statue poste agli incroci.
«MERCURIO È PADRE.
Servio, In Vergilii carmina comentarii: Aeneis, 8, 138 – [Traduzione personale]
Mercurio, figlio di Giove e Maia, la quale è una delle Pleiadi, inventore dell’eloquenza e della lira, messaggero degli dei. Si racconta in questo modo che Mercurio sia anche l’inventore della lotta (palestra). Corico, re di Arcadia, aveva i figli Plessippo e Veneto (Enetum?) e la figlia Palestra. I giovani avevano inventato la lotta gareggiando tra di loro con spinte, cadute e il vigore del corpo. Quando questi avevano fatto ciò in presenza del padre e quello si era divertito per la novità, da tutto ciò nacque il ludo. Palestra, la sorella dei giovani raccontò tutto ciò a Mercurio perché innamorata di lui. Mercurio avendo visto tale novità, di proposito migliorò questa nuova arte e la insegno agli uomini. I giovani narrarono al padre che la sorella li aveva traditi. Il padre era piuttosto arrabbiato con i figli, perché questi avevano inseguito Mercurio non come fosse stato un ladro. Quando quelli lo trovarono addormentato su un monte, gli amputarono le mani, da ciò il monte è chiamato Cillenio; e da allora in Grecia κυλλούς sono detti coloro in qualche modo mutilati di una parte del corpo: da dove anche chiamiamo erme, quei segnali simili alle statue senza mani. Ebbene Mercurio lamentatosi da Giove fece sventare Corico rendendolo una sacca, ricompensò la sua amata Palestra, facendo che tutta la contese eseguite con il corpo fossero chiamate “palestra”.»
Palestra di Cefalonia
Lo Etymologicum Magnum è un lessico bizantino della seconda metà del dodicesimo secolo, rielaborazione di precedenti lessici e di raccolte di scoli. Il passo dello Etymologicum Magnum ha alcuni punti in comune con il passo di Servio.
«Pale (Probabile città dell’isola di Cefalonia). Da Palestra figlia di Pandoco, che viveva vicino agli incroci e uccideva chiunque ospitava. Egli fu ucciso da Hermes sul consiglio di Palestra, quando egli fu ospitato; tutti gli alberghi (καταγώγια) prendono il nome da Pandoco.»
Etymologicon magnum, 647, 57 – 648, 3 Gaisford – [Traduzione personale]
Palestra, divinità queer
Ultima, ma prima in ordine cronologico, fonte letteraria su Palestra è le Immagini (Εἰκόνες) di Filostrato Lemno. Questo autore fu un esponente della seconda sofistica, insegnò ad Atene al tempo della dinastia dei Severi e per un periodo di tempo visse a Roma dove frequentò Claudio Eliano4Filostrato d’Atene, Vitae Sophistarum, 2, 31, 2.. Questo Filostrato, conosciuto anche con il nome di Filostrato Maggiore o Filostrato III, fu il nipote acquisito del maggiormente conosciuto Filostrato di Atene e fu autore, oltre delle Immagini, anche dell’Eroico.
Le Immagini rientrano nel particolare genere letterario della ékphrasis (εκφρασις), la “descrizione” di luoghi, oggetti e persone. Genere letterario utilizzato nelle scuole di retorica di età imperiale, ma il quale ha le sue origini nei più grandi autori della letteratura greca: da Omero che descrive lo scudo di Achille allo Pseudo-Esiodo che descrive lo scudo di Eracle.
Nelle prime righe delle Immagini Filostrato afferma di trovarsi a Napoli, la città greca per eccellenza d’Italia, per assistere ai Giochi, probabilmente i Sebastea che si tenevano tra agosto e settembre. Filostrato è ospite di un’importante persona del luogo in un gigantesca villa sul Mar Tirreno, villa con un portico decorato da numerose statue e da bassorilievi, ma soprattutto da diversi dipinti sulle pareti interne. Il figlio del padrone di casa, un bambino di dieci anni sveglio e intelligente, chiede all’autore di illustrare i diversi dipinti; egli accetta solo a due condizioni che il bambino aspetti l’arrivo dei suoi compagni e che sia l’unico tra di essi a poter far domande o a commentare5Filostrato Lemno, Imagines, Prologo.
L’opera di Filostrato ha suscitato l’interesse di diversi artisti dell’età tardo-rinascimentale e barocca, i quali vedevano in questa opera un manuale sulle tecniche e sui modelli dell’età classica. Negli ultimi decenni del Settecento con i primi scavi archeologici di Pompei e i primi reperti, diversi critici iniziarono a dubitare che le immagini di Filostrato fossero davvero esistite, e ad affermare che la sua opera fosse una semplice esercitazione retorica. La discussione sulla veridicità delle pitture descritte da Filostrato continua ancora oggi.
«Palestra.
Filostrato Lemno, Imagines, 2, 32 – [Traduzione tratta da edizione due punti a cura di Andrea L. Carbone]
Abbiamo di fronte agli occhi il luogo più bello dell’Arcadia, il favorito da Zeus: la pianura di olimpia. Non vi sono ancora uomini in lotta, poiché ancora non conoscono la passione della contesa, ma il momento è vicino. Palestra, figlia di Ermes, è già nel fiore degli anni: ha già inventato la lotta e la terra gioisce di questa scoperta che, dando tregua alle dispute degli uomini, li obbligherà a deporre le armi, e farà loro preferire al campo di battaglia lo stadio dove combatteranno nudi. Questi ragazzi sono le diverse figure della lotta: balzano petulanti intorno a Palestra, e ubbidendo alle sue leggi piegano i loro corpi in mille posizioni diverse. Si direbbe che siano nati dalla terra, perché la vergine mostra con il suo aspetto virile che non si sottometterà docilmente al giogo del matrimonio e non avrà figli. E poi le figure della lotta sono molto diverse tra loro: la migliore è quella del pancrazio. L’aspetto di Palestra è quello di una ragazza se la si confronta con un ragazzo, ma sembra un ragazzo se la si compara a una ragazza. La chioma è troppo corta per poter essere raccolta, lo sguardo non appartiene a un sesso più che all’altro, il sopracciglio indica il suo disprezzo per gli amanti, e perfino per i lottatori: sembra dire che si sente forte contro gli uni e gli altri, e che nessuno riuscirà a toccarle il seno lottando, tanto è forte. Il petto somiglia a quello di un adolescente, e ha seni appena formati. I suoi gusti non sono femminili: non vuole avere le braccia bianche e splendenti e certamente disapprova le Driadi che restano all’ombra per essere bianche. Abita nelle profonde valli dell’Arcadia e chiede al Sole il favore di una tinta di bronzo: il Sole infatti dà alla ragazza un riflesso rossastro. Palestra è seduta, e qui, ragazzo mio, è la grande sapienza della pittura, perché in questo modo il corpo proietta ombre più numerose, e la posa non è priva di grazia. Anche il ramo d’olivo su cui Palestra poggia il seno le dona: la dea ama questa pianta, che dona ai lottatori l’indispensabile olio e fa la delizia degli uomini.»
Nei recenti anni con una nuova fase degli studi di genere la figura di Palestra è stata riscoperta, questa figura oscillante tra i due generi e ricorda le statue degli ermafroditi dove coesistono l’ideale della bellezza maschile e di quella femminile.




Palestra e sesso
È presente una quarta Palestra, scollegata dalla narrazione mitica, una delle protagoniste di Lucio e l’Asino dello Pseudo-Luciano. Questo simpatico passo ci accenna brevemente a una particolare immagine della lotta nel mondo classico, immagine strettamente legata all’erotismo.
«Palestra mi dice: <Giovanotto, bisogna assolutamente che ti ricordi questo, che sei capitato con Palestra e che devi mostrare se, addestrandoti con gli efebi, ti sei fatto gagliardo e hai imparato un buon numero di colpi di lotta.> <Non accadrà – risposi – che tu mi veda evitare questa prova: spogliati, dunque, e passiamo subito alla lotta.>. Ma lei disse: <Forniscimi la tua dimostrazione così come voglio io, che alla maniera di un istruttore e di un sovrintendente ho inventato e ti dirò i nomi delle prese che voglio; tu sii pronto ad ubbidire e ad eseguire quanto ti viene ordinato.> <Ordina, suvvia – risposi – e osserva come abili, agili e vigorose siano le mie prese>. Lei si tolse la veste, mi si parò innanzi tutta nuda e da quel momento cominciò a dare ordini: <Ragazzo, spogliati, ungiti con l’unguento che è lì e vieni alle prese col tuo avversario: adagiami supina tirandomi per le cosce, poi dalla posizione superiore entrando sotto fra le cosce e aprendole solleva e tira in alto le gambe, poi lasciandole cadere e ancora alzandole attaccati alla cosa e penetrando colpisci e spingendo ferisci in ogni direzione, fino a che non ti stanchi; e siano forti i lombi. Poi, dopo esserti ritirato, attacca facendoti largo attraverso l’inguine e spingi nuovamente contro la parete, poi batti; quando avverti un cedimento, allora subito con un assalto esegui l’allacciamento alla cintola e tieni stretto. Cerca di non andare in fretta, ma trattenendoti un po’ procedi con me di conserto. Dopo di che sei libero>. Ed io, dopoché ebbi ubbidito facilmente a tutti gli ordini e la nostra lotta alla fine cessò, dissi a Palestra scoppiando a ridere: <Istruttore mio, tu vedi come abilmente e docilmente ho lottato; bada però che non abbia a suggerirmi le prese in modo sconveniente: ne comandi una dopo l’altra>. Ma, colpendomi sulla guancia, lei replicò: <Che discepolo chiacchierone ho preso! Attento, in proposito, a non ricevere altri schiaffi eseguendo prese diverse da quelle che ti si ordinano>. Detto questo, si alzò, e avuta cura di sé: <Ora – disse – dimostrerai se sei un lottatore giovane e vigoroso e se sai lottare e fare ciò che si fa in ginocchio>. Poi si lascio cadere sul letto in ginocchio e disse: <Avanti tu, il lottatore! Eccoti in campo: brandendo, dunque l’arma appuntita, spingila dentro e immergila a fondo. Lo vedi giacere qui inerme: servitene. Prima di tutto, logicamente, stringi una specie di nodo, poi piegandomi all’indietro irrompi, tienimi avvinta e non darmi tregua. Se cede, alzandoti rapidamente spostalo più in alto e a testa bassa vibra i tuoi colpi badando di non estrarlo più presto di quel che ti è stato ordinato; molto, invece, incurvandolo ritiralo insensibilmente, poi di nuovo spingendoti sotto contieni il tuo assalto senza arrestare il movimento, dopo di che lo devi congedare: è caduto, infatti, si è afflosciato, e il tuo antagonista è zuppo>. Allora io subito con una gran risata: <Desidero anch’io – dissi -, o istruttore, ordinare due o tre prese di lotta. Tu ubbidiscimi alzandoti, risiediti, poi versando sulla mano il resto dell’olio applicalo e sfregati; infine, per Eracle, abbracciami e fammi addormentare>.»
Pseudo-Luciano, Asinus, 8-10 – [Traduzione tratta da edizione UTET a cura di Vincenzo Longo]
Bibliografia – Risorse
- Bibliografia
- Progymnasmata: Greek Textbooks of Prose Composition and Rhetoric; translated with introductions and notes by George A. Kennedy; Atlanta, Society of Biblical Literature, 2003.
- Filostrato, Immagini; a cura di Andrea L.Carbone con un saggio di Michele Cometa; Palermo, duepunti edizioni, 2008.
- Filostrato Maggiore; La Pinacoteca; a cura di Giuseppe Pucci e traduzione di Giovanni Lombardo; Palermo, Aesthetica edizioni, 2010.
- Robert L. Flower, Early Greek Mythography, vol. 2 (Commentary), Oxford, Oxford University Press, 2013, pp. 533-534.
- Risorse
- Digital LIMC – Digitalizzazione del Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae da parte dell’università di Basilea.
- Horatius.net per il testo latino delle opere di Orazio e di quello del commento di Porfirione.
- G.R.I.M.M. – Dizionario Etimologico della Mitologia Greca.
- MDZ – Münchener DigitalisierungsZentrum Digitale Bibliothek per il testo dello Etymologicon magnum – (link).
- Perseus Digital Library per il testo latino delle lettere di Sidonio Apollinare (link) e per quello del commento di Servio all’Eneide (link).
- Topostext per le informazioni su Arausio.
- I siti del Louvre e del Metropolitan Museum of Art.
Note
↑1 | Strabone, Geographia, 4, 1, 11; Pomponio Mela, Geographia, 2, 75; Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, 3, 5, 36; Sidionio Apollinare, Epistulae, 6, 12, 8. |
↑2 | Diverse sono le varianti del nome del padre e di colui che sconfisse Atalanta nella gara. La versione maggiormente simile a quella di Igino è quella di Ovidio nelle Metamorfosi e di Servio nel commento all’Eneide. Ovidio, Metamorphoseon libri XV, 10, 560-680; Servio, In Vergilii carmina comentarii: Aeneis, 3, 113. |
↑3 | Orazio, Carmina, 1, 10, 4; Babrio, Fabulae, 48; Porfirione, Commentarium in Horatium Flaccum, Carmina, 1, 10, 1-3. |
↑4 | Filostrato d’Atene, Vitae Sophistarum, 2, 31, 2. |
↑5 | Filostrato Lemno, Imagines, Prologo |