Pellicano misericordioso
Un bestiario da tre milioni di sterline

Questa immagine è una delle centododici miniature del Northumberland Bestiary, un manoscritto della seconda metà del tredicesimo secolo attualmente posseduto dal Jean Paul Getty Museum, che lo acquisì nel lontano 2007 per la cifra “modica” di circa tre milioni di sterline (precisamente 2.970.000£, circa 3.500.000€).
Il testo del Northumberland Bestiary è fondato principalmente sul Physiologus, una raccolta di insegnamenti etici e cristiani esposti attraverso l’interpretazione allegorica di animali, piante e minerali. Quest’opera fu scritta probabilmente ad Alessandria di Egitto nel II° d.C. e fu successivamente tradotta in latino, aramaico, copto e siriano diventando la fonte principale di tutti i bestiari di età medievale e rinascimentale. Le successive traduzioni latine del Physiologus hanno diverse aggiunte da altre fonti e in particolare dal dodicesimo libro delle Etymologiae di Isidoro di Siviglia, arcivescovo di Siviglia e Dottore della Chiesa, vissuto nel sesto secolo. Una delle prime traduzioni latine è la Versio BIs, datata all’età carolingia e contenente numerose aggiunte dall’opera di Isidoro.
«Il Fisiologo dice del pellicano che ama moltissimo i figli. Quando infatti i piccoli sono nati e cominciano a crescere, colpiscono i loro genitori al volto: allora i genitori, irati, li colpiscono di rimando e li uccidono. Il terzo giorno, la madre, percuotendosi il costato, si apre il fianco e si china sopra i piccoli effonde il suo sangue sopra i corpi dei figli morti, e così col suo sangue li resuscita.»
Fisiologo latino Versio Bis, 6 – Traduzione tratta da Bestiari Medievali a cura di Luigina Morini ed edito da Einaudi
Nella Versio BIs è aggiunto questo passo di Isidoro:
«Il pellicano è un uccello che vive in Egitto, nei deserti prossimi al fiume Nilo, donde il nome: l’Egitto, infatti, è chiamato Canopos. Dicono, se bisogna dar credito a questa notizia, che il pellicano uccide i propri piccoli, li piange per tre giorni, e poi ferisce se stesso per restituire loro la vita aspergendoli con il proprio sangue.»
Isidoro di Siviglia, Etymologiae, 12, 7, 26. – Traduzione tratta dall’edizione UTET curata da Angelo Valastro Canale
L’immagine del pellicano che uccide i propri pulcini e dopo tre giorni li resuscita con il proprio sangue ha un’immensa fortuna diventando una delle principali raffigurazioni allegoriche cristiane. Dio, simboleggiato dal pellicano, scaccia dal paradiso terrestre l’umanità, simboleggiata dai pulcini; la quale però è resuscitata grazie al suo sangue, ovvero l’avvento e il sacrificio di Gesù Cristo.
«Pie pellicane Iesu Domine,
me immundum munda tuo sanguine,
cuius una stilla salvum facere,
totum mundum quit ab omni scelere.»«O pio pellicano Signore Gesù,
Adoro te devote, 24-28. – Uno dei cinque inni eucaristici attribuiti a Tommaso d’Aquino
purifica me, peccatore, col tuo sangue,
che, con una sola goccia, può rendere salvo
tutto il mondo da ogni peccato.»
«Questi è colui che giacque sopra ‘l petto
Dante Alighieri, Divina Commedia: Paradiso, XXV, 112-115
del nostro pellicano; e questi fue
di su la croce al grande officio eletto.»
Pellicano e serpente
Quest’immagine del pellicano ha diverse varianti e quella maggiormente diffusa vede i pulcini non uccisi dal proprio genitore, ma da un serpente. Eusebio di Cesarea, biografo dell’imperatore Costantino, riporta tale variante nel commento del centounesimo salmo del Libro dei Salmi1Eusebio di Cesarea, Commentaria in Psalmos, CI, 7 – (PG 23, 1253-1256 D-B) ; in questa variante il serpente simboleggia il diavolo che tenta l’umanità. Successivamente il monaco inglese della prima metà del tredicesimo secolo Bartolomeo Anglico, autore del De proprietatibus rerum, opera enciclopedica sul modello della Naturalis historia di Plinio il Vecchio, riporta entrambe le versioni e attribuisce quella del serpente al vescovo di San Giovanni d’Acri Giacomo di Vitry2La versione sui pulcini uccisi ai genitori è riconducibile a una glossa ai Salmi di Pietro … Continue reading. Nelle opere di quest’ultimo autore non è presente niente di ciò, ma in un sermone destinato ai crociati Giacomo di Vitry paragona i pulcini ad Adamo ed Eva, i quali sono uccisi dal padre (Dio) per la loro disobbedienza, ma sono successivamente resuscitati con il suo sangue3Giacomo di Vitry, Sermones, 2, 14-15.
«PELLICANO. Questo porta grande amore a’ sua nati, e trovando quelli del nido morti dal serpente, si punge a riscontro al core, e col suo piovente sangue bagnandoli li torna in vita.»
Leonardo da Vinci, Bestiario, 38
Oltre che in Leonardo da Vinci la variante dei serpenti è presente in Cecco d’Ascoli, poeta del tredicesimo secolo4Cecco d’Ascoli, Acerba etas, 6.. Tibaldo il Trovatore, conte di Champagne, re di Navarra e soprattutto principale trovatore della prima metà del tredicesimo secolo, sostituisce i serpenti con dei generici uccelli cattivi5Mauvais oiseau. Tibaldo il Trovatore, Les Chansons, 56.. Circa tre secoli dopo il poeta francese Clément Marot descrive di pulcini uccisi dal serpente e dilaniati dai corvi: il primo sempre allegoria del diavolo che tenta l’umanità, il secondo allegoria degli Ebrei che dilaniano il corpo di Gesù Cristo6Clément Marot, Ballade de la passion notre seigneur Jésus-Christ..

Pellicano e monache irascibili
Altri due autori del tredicesimo secolo, Brunetto Latini e Richard de Fournival, propongono altre due varianti: in Brunetto Latini i pulcini sono nati morti e sono successivamente resuscitati dal genitore7Brunetto Latini, Li livres dou Tresor, 1, 166.; mentre in Richard de Fournival i pulcini feriscono involontariamente il genitore che colpito nell’orgoglio li uccide per poi pentirsene e resuscitarli con il suo sangue, non più allegoria cristiana, ma profana dove il pellicano simboleggia la donna amata8Richard de Fournival, Li Bestiares d’amours, 394.. Una particolare variante è quella presente nel Ancrene Riwle, un manuale monastico inglese della metà del tredicesimo secolo, nel quale il pellicano che uccide i pulcini simboleggia la monaca che corrompe le sue buone azioni con improvvisi scatti di ira9The Ancern Riwle. A Treatise on the rules and duties of monastic life. Edited and Translated from a … Continue reading.
Pellicano sciocco e avvoltoio pagano
Quest’immagine del pellicano è assente nelle fonti pagane. L’autore che maggiormente si avvicina a ciò è Orapollo di Nilopoli, vissuto intorno al quinto secolo e autore dell’unico trattato dedicato ai geroglifici di età antica. Nella descrizione del geroglifico raffigurante l’avvoltoio Orapollo afferma che questo uccello mai si allontana dai suoi pulcini e nel caso di mancanza di cibo, si infligge ferite alle zampe e nutre i pulcini con il proprio sangue10Orapollo, Hieroglyphica, 1, 11.. Tutto ciò è citato da Giorgio di Pisidia, autore della corte dell’imperatore Eraclio.
«Gli avvoltoi, quando hanno i condotti del latte occlusi – i soli tra gli uccelli ad emettere latte -, si scindono l’anca e con rivoli insanguinati di latte rifocillano i piccoli. Io credo che si debba attribuire maggior vanto all’avvoltoio che squarcia le proprie carni per affetto della prole che non a Zeus, smisurato nella sua dissolutezza, che si squarcia l’anca per generare la propria prole funesta.»
Giorgio di Pisidia, Hexaemeron, 1079-1086. – Traduzione tratta da edizione UTET a cura di Luigi Tartaglia
Orapollo interpreta il geroglifico del pellicano come l’uomo sciocco, perché quest’uccello pur avendo la possibilità di poter nidificare in alto preferisce farlo a terra diventando facile preda dei cacciatori che cospargono attorno al nido dello sterco dandogli fuoco; il pellicano prova a spegnere il fuoco sbattendo le ali, ma lo fa solo aumentare d’intensità bruciandosi le sue ali e facendosi facilmente catturare. Orapollo aggiunge che i sacerdoti egizi non si cibano di carne di pellicano per rispetto del suo amore per i figli, a differenza di tutti gli altri che se ne cibano senza problemi giudicandolo sciocco come l’oca11 (H)orap. 54.. Altro e unico autore antico a collegare i pellicani agli sciocchi è Artemidoro di Daldi, vissuto nel secondo secolo e autore dell’unico trattato dedicato all’interpretazione dei sogni nell’antichità. Secondo Artemidoro sognare un pellicano significa dover incontrare un uomo sciocco, mentre in caso di fuga di un proprio schiavo o di ladro significa ritrovarlo nei pressi di fiumi e di paludi12Artemidoro di Daldi, Onirocritica, 2, 20, 80-84.. Quando l’opera di Orapollo sarà riscoperta in Europa alla fine del quindicesimo secolo e molti trattati sui geroglifici saranno basati su di esso l’immagine del pellicano stolto è sostituita da quella del pellicano pietoso capovolgendo l’ordine del testo di Orapollo.
«I pellicani che vivono nei fiumi spalancano il becco e ingoiano le conchiglie; poi, dopo averle intiepidite nella cavità dello stomaco, le vomitano. Per effetto del calore le valve si schiudono, come quando vengono bollite, e i pellicani, allora, ne estraggono la carne e banchettano.»
Claudio Eliano, De natura animalium, 3, 20 – Traduzione tratta da edizione BUR a cura di Francesco Maspero
Altri autori classici dividono i pellicani in quelli di acqua che si cibano di pesci e in quelli di terra che si cibano di serpenti e di altri animali velenosi13Aristotele, Historia animalium, 8, 597b, 29; 9, 614b, 27; Claudio Eliano, De natura animalium, 3, … Continue reading; Aristofane, il commediografo dell’Atene classica, propone una particolare classificazione in pellicani bianchi e grigi14Aristofane, Aves, 884.. Alberto Magno, autore tedesco del tredicesimo secolo, aggiunge a questa classificazione l’accenno alla rivalità tra il pellicano d’acqua e il coccodrillo15Alberto Magno, De animalibus, 23, 24..
Pellicano o onocrotalo?
Nel greco antico oltre a πελεκάν è presente anche πελεκᾶς; quest’ultimo però deriva dal verbo πελεκάω, ovvero “colpire con una ascia“, indicando non il pellicano, ma il picchio che si comporta come il boscaiolo16Antonino Liberale, Metamorphoseon Sunagoge, 11, 10.. Differentemente nel latino esistono due parole per indicare il pellicano, entrambe translitterazioni di parole greche, ma una di queste non è mai stata utilizzata dagli autori greci.
«Sono simili ai cigni i pellicani e non si penserebbe che fossero tanto diversi, se sotto il becco non ci fosse un secondo ventre. Dentro di esso questo animale insaziabile raccoglie di tutto ed è straordinaria la capacità di questa sacca. La preda fatta da lì ritorna gradatamente nel becco, e giunge poi nel vero ventre, al modo dei ruminanti. Ci manda questi volatili la Gallia settentrionale, nella parte vicina all’Oceano.»
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, 10, 66, 131 – Traduzione di Elena Giannarelli per Einaudi
Plinio17Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, 10, 66, 131. e Marziale18Marziale, Epigrammaton libri XII, 11, 20, 10. non utilizzano pelecanus/pelicanus, ovvero la translitterazione di πελεκάν, ma onocrotalus, evidente translitterazione di ὀνοκρόταλος, parola composta da ὄνος (asino) e da κρόταλονì (sonaglio o in modo astratto raglio). Onocrotalus rivela una particolare immagine presente negli autori latini: il pellicano dal verso simile a quello dell’asino. Il pellicano di Plinio non solo ha due stomaci, ma è un ruminante e proviene dalla Gallia, mentre il brutto pellicano di Marziale proviene da Ravenna; come suggerito dai critici l’onocrotalo dei due autori latini non è il pellicano, ma forse l’airone bianco o la spatola bianca oppure il particolare (a)grotto, un sorta di pellicano italiano, descritto dai naturalisti di età rinascimentale19Il naturalista tedesco della prima metà del sedicesimo secolo Conrad Gessner arriva ad affermare … Continue reading.




«Simbolismo dei tre uccelli menzionati nel salmo. Sono diventato simile al pellicano che abita nel deserto; sono diventato come il gufo notturno tra le macerie; ho vegliato e sono diventato come il passero solitario sul tetto. Son qui designati tre uccelli e tre località: ci conceda il Signore la grazia di spiegare che cosa tutto questo significhi, ed a voi la grazia di ascoltare con profitto quel che spieghiamo a vostro spirituale vantaggio. Che cosa dunque significano i tre uccelli e le tre località? E quali sono i tre uccelli? Sono il pellicano, il gufo e il passero; quanto alle tre località, sono il deserto, le macerie e il tetto. Troviamo cioè il pellicano nel deserto, il gufo tra le macerie, il passero sul tetto. Per prima cosa dobbiamo spiegare che cosa sia il pellicano, che a dire il vero nasce in una zona che è tale da renderci sconosciuto questo tipo di uccello. Esso nasce in mezzo ai deserti, specie quelli del fiume Nilo, laggiù nell’Egitto. Ma quale che sia questo uccello, ciò che dobbiamo veder bene è quel che di esso ha voluto dire il salmo. Esso abita – leggiamo – nel deserto. Non c’è bisogno di cercar di sapere come siano il suo aspetto, le sue membra, la sua voce, il suo modo di vivere. Stando alle parole del salmo, si tratta di un uccello che abita nel deserto. […] Ma perché indugiare in questa spiegazione? Guardiamo direttamente al Signore, se non sia proprio lui, o meglio non debba proprio lui essere riconosciuto come il pellicano nel deserto, come il gufo tra le macerie, come il passero ramingo sul tetto. Ce lo spieghi il povero di questo salmo, cioè il nostro capo: egli che si è fatto povero di sua volontà, parli a noi che siamo poveri per intrinseca necessità! Né, da parte nostra, dobbiamo tacere quel che si racconta ed anche si legge dell’uccello chiamato pellicano: pur evitando affermazioni temerarie, non dobbiamo però tacere quel che ne han voluto che si leggesse e si raccontasse quanti hanno scritto di lui. Da parte vostra, ascoltate la spiegazione in maniera da considerarla ben appropriata, se è vera, e da ritenerla senza alcun valore, se è falsa. Ora si racconta che questi uccelli uccidono i loro piccoli nati a colpi di becco e che, dopo averli uccisi nel nido, li piangono per tre giorni; si aggiunge che infine la loro madre si ferisce a morte riversando il suo sangue sui figli, che appunto in tal bagno riprendono vita. Può darsi che tutto questo sia vero, come può darsi che sia falso; tuttavia se è vero, voi vedete come si adatti in maniera appropriata a colui che con il suo sangue ci ha ridato la vita. Gli si adatta il fatto che è la carne della madre a ridare la vita con il suo sangue ai suoi figli: è un’analogia abbastanza appropriata. Infatti anch’egli dice di essere simile alla gallina sopra i suoi pulcini: Gerusalemme, Gerusalemme ( … ), quante volte ho voluto raccogliere insieme i tuoi figli, come la gallina che raccoglie sotto le ali i suoi pulcini, e tu non hai voluto! (Matteo, 23, 37)»
Agostino d’Ippona, Exannarationes Salmos, 101, 7-8 – Traduzione tratta da augustinus.it
Il primo passo citato da Agostino d’Ippona e anche dall’autore del Physiologus è un passo del Libro dei Salmi. Teoricamente il pellicano è nominato tre volte nell’Antico Testamento: nei Salmi20Salmi, 101, 7., nel Levitico21Levitico, 11, 18. e nel Deuteronomio22Deuteronomio, 13, 17.; in questi ultimi due libri il pellicano è giudicato un animale impuro ed è vietato cibarsi delle sue carni. Praticamente si devono aggiungere anche altre due presenze del pellicano: in Isaia23Isaia, 34, 11. e in Sofonia24Sofonia, 2, 14..
Nella versione dei Settanta, traduzione in greco della Bibbia, c’è πελεκάν nei Salmi, nel Levitico e nel Deuteronomio; un generico ὄρνεον in Isaia e un χᾰμαίλεος (camaleonte) in Sofonia. Nella Vulgata di Girolamo, la prima traduzione latina della Bibbia, abbiamo pelicanus solo nei Salmi e onocratalus in tutti i restanti quattro; lo stesso Girolamo nel suo commento ai Salmi afferma che in latino i pellicani sono chiamati onocrotali25Girolamo, Breviarium in Plasmos, 101. – (PL 26, 1127-1128 C-D) . In ebraico è presente קָאָת traducibile genericamente come uccello d’acqua, ma indicato esclusivamente come pellicano questa parola potrebbe derivare dal verbo קיא ovvero vomitare e richiamare il modo in cui si cibano i pulcini dalla bocca della madre.
Bibliografia – Risorse
- Bibliografia
- D. Wilhem Gesenius, A Hebrew Lexicon to the Books of the Old Testament: including the geographical names and chaldaic words in Daniel, Ezra, &c; translated from the german by Cristopher Leo, vol. II, London, Cambridge University Press, 1828 (link).
- The Ancern Riwle. A Treatise on the rules and duties of monastic life. Edited and Translated from a Semi-Saxon Ms. of the Thirteenth century; London, Printend for the Camden Society, 1853, Part III, pp. 119-120 (link).
- Robert Steele, Mediæval lore from Bartholomaeus Anglicus, London-Boston, Chatto and Windus – John W.Luce and Company, 1907 (link).
- W.M. Lindsay, Bird-Names in Latin Glossaries, in Classical Philology, vol. 13, n. 1, 1918, pp. 1-22.
- Les chansons de Thibaut de Champagne, roi de Navarre; Paris, Librairie Ancienn Èdouard Champion, 1925 (link).
- Florence McCulloch, Medieval Latin and French Bestiaries, Chapel Hill, University of North Carolina Press, 1962.
- Victor E. Graham, The Pelican as image and symbol, in Revue de Litterature comparee, vol. 36, 1962, pp. 235-243.
- Bestiari Medievali, a cura di Luigina Morini, Torino, Einaudi, 1996.
- Cristoph T. Maier, Crusade propaganda and ideology. Model sermons for the preaching of the cross, Cambridge, Cambridge University Press, 2000.
- Physiologus, traduzione in inglese di Michael J.Curley, Chicago, University of Chicago Press, 2009.
- Anastasia Pineschi, The Pelican, Self-Sacrificing Mother Bird of the Medieval Bestiary, 11/05/2018 da The iris. Behind the Scenes at the Getty (link).
- Risorse
- Getty’s Open Content Program.
- Il testo greco della Versione dei Settanta su TextCritical.net.
- La Historiae animalium di Conrad Gessner su E-rara.ch.
- Scritti letterari di Leonardo da Vinci su Biblioteca della letteratura italiana.
- Traduzione in inglese di alcuni passi del Physiologus e del De rerum natura di Rabano Mauro su BestLatin.net; traduzione in inglese di alcuni passi dell’opera di Plinio e di Bartolomeo Anglico su The Medieval Bestiary.
- Il testo latino e la traduzione italiana delle opere di Agostino d’Ippona su augustinus.it.
- Il testo latino delle opere di Alberto Magno su Alberti Magni e-corpus.
- La Ballade de la passion de notre seigneur jesus-christ di Clément Marot su WikiPoems-Les poèmes de la littérature francophone.
Note
↑1 | Eusebio di Cesarea, Commentaria in Psalmos, CI, 7 – (PG 23, 1253-1256 D-B) |
↑2 | La versione sui pulcini uccisi ai genitori è riconducibile a una glossa ai Salmi di Pietro Lombardo, teologo del dodicesimo secolo. Bartolomeo Anglico, De proprietatibus rerum, 8, 12. |
↑3 | Giacomo di Vitry, Sermones, 2, 14-15 |
↑4 | Cecco d’Ascoli, Acerba etas, 6. |
↑5 | Mauvais oiseau. Tibaldo il Trovatore, Les Chansons, 56. |
↑6 | Clément Marot, Ballade de la passion notre seigneur Jésus-Christ. |
↑7 | Brunetto Latini, Li livres dou Tresor, 1, 166. |
↑8 | Richard de Fournival, Li Bestiares d’amours, 394. |
↑9 | The Ancern Riwle. A Treatise on the rules and duties of monastic life. Edited and Translated from a Semi-Saxon Ms. of the Thirteenth century; London, Printend for the Camden Society, 1853, Part III, pp. 119-120. |
↑10 | Orapollo, Hieroglyphica, 1, 11. |
↑11 | (H)orap. 54. |
↑12 | Artemidoro di Daldi, Onirocritica, 2, 20, 80-84. |
↑13 | Aristotele, Historia animalium, 8, 597b, 29; 9, 614b, 27; Claudio Eliano, De natura animalium, 3, 20; Girolamo, Breviarium in Plasmos, 101; Isidoro di Siviglia, Etymologiae, 12, 7, 32; Giorgio di Pisidia, Hexameron, 1087-1101 |
↑14 | Aristofane, Aves, 884. |
↑15 | Alberto Magno, De animalibus, 23, 24. |
↑16 | Antonino Liberale, Metamorphoseon Sunagoge, 11, 10. |
↑17 | Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, 10, 66, 131. |
↑18 | Marziale, Epigrammaton libri XII, 11, 20, 10. |
↑19 | Il naturalista tedesco della prima metà del sedicesimo secolo Conrad Gessner arriva ad affermare l’esistenza del solo onocrotalo giudicando il pellicano un animale semileggendario o semplicemente l’avvoltoio descritto da Orapollo. Conradi Gesneri tigurini medici & Philosophiae professoris in Schola Tigurina, Historia Animalium Liber III, qui est de Auium, Tiguri apud Christoph Froschoverum, 1555, pp. 606-609; 641. |
↑20 | Salmi, 101, 7. |
↑21 | Levitico, 11, 18. |
↑22 | Deuteronomio, 13, 17. |
↑23 | Isaia, 34, 11. |
↑24 | Sofonia, 2, 14. |
↑25 | Girolamo, Breviarium in Plasmos, 101. – (PL 26, 1127-1128 C-D) |