Pilentum, ambiguo carro antico

Nel ventisette febbraio scorso, il Parco Archeologico di Pompei ha annunciato il rinvenimento di un carro cerimoniale a quattro ruote durante la campagna di scavi di una villa suburbana a nord delle mura della Pompei antica. Campagna iniziata nel 2017, potenziata negli ultimi mesi e finalizzata anche alla protezione dello stesso sito di scavo.
Una ricostruzione di questa campagna di scavi e delle sue finalità è presente sul sito ufficiale del Parco Archeologico di Pompei (link). Oltre alla ricostruzione, a diverse foto, e a un video che descrive brevemente le fasi della campagna di scavi, sono state trascritte anche parti delle dichiarazioni del Ministro della Cultura, Dario Franceschini; e del Direttore uscente del Parco archeologico, Massimo Osanna.
«Si tratta infatti di un carro cerimoniale, probabilmente il Pilentum noto dalle fonti, utilizzato non per gli usi quotidiani o i trasporti agricoli, ma per accompagnare momenti festivi della comunità, parate e processioni. Mai emerso dal suolo italiano, il tipo di carro trova confronti con reperti rinvenuti una quindicina di anni fa all’interno di un tumulo funerario della Tracia. Uno dei carri traci è particolarmente vicino al nostro anche se privo delle straordinarie decorazioni figurate che accompagnano il reperto pompeiano.»
Massimo Osanna
Quattro grammatici per un pilentum
Il latino presenta diverse parole per indicare i carri e le lettighe: arcera, basterna, biga, carpentum, carruca, carrus, cisium, covinnus, carrus, currus, essedum, lectica, petorritum, pilentum, plaustrum, quadriga, raeda, serracum, sella, tensa. Il pilentum – pilento era un carro utilizzato durante le cerimonie religiose, del quale è difficile ricostruirne l’aspetto e l’utilizzo, date le scarse rappresentazioni iconografiche giunte a noi.
Festo e Paolo Diacono
Sesto Pompeo Festo fu un grammatico latino della metà del secondo secolo d.C., autore del De verborum significatu, un’opera glossografica paragonabile a un proto-dizionario enciclopedico. Quest’opera in venti libri era un’epitome dell’omonima opera di Verrio Flacco, grammatico prenestino vissuto negli ultimi decenni del primo secolo a.C. Un manoscritto dell’undicesimo secolo ha trasmesso a noi metà del testo originale del De verborum significatu, mentre la restante è giunta in forma epitomata e in parte modificata attraverso l’opera di Paolo Diacono, monaco longobardo dell’ottavo secolo.
«Fu concesso alle matrone di essere trasportate per Roma su pilenti e carpenti (pilentis et carpentis), perché avevano contribuito nel dare l’oro che non era stato procurato da Camillo, il quale lo aveva promesso in voto ad Apollo Delfico.»
Festo, De verborum significatu, De Ponor p. 316 – [Traduzione personale]
«Pilento (pilentum): tipo di veicolo sul quale sono portate le matrone.»
Paolo Diacono, Epitome Festi, De Ponor p. 247 – [Traduzione personale]
Festo cita un episodio tratto da Tito Livio. Nel 396 a.C. il dittatore Marco Furio Camillo concluse una lunghissima guerra contro la città etrusca di Veio. Prima dell’assalto finale il dittatore aveva annunciato ai soldati di aver fatto un voto, nel quale prometteva a Giunone Regina1Divinità patrona degli Etruschi di Veio. Il passo di Livio è una delle prime descrizioni della … Continue reading di costruire un tempio e ad Apollo Delfico di consacrargli la decima parte del bottino2Tito Livio, Ab urbe condita, 5, 21, 1-3.. Veio fu conquista e distrutta, il tempio fu costruito sull’Aventino3Liv. 5, 22, 7; 23, 7; 31, 3., ma problematica fu la questione riguardante la decima parte del bottino. I pontefici sostenevano che il popolo doveva rinunciare a parte dell’immenso bottino, composto da beni mobili e immobili, per assolvere il voto fatto da Camillo in nome di tutti i Romani4Liv. 5, 23, 8-11; 25, 5-8.. L’operazione di stima e di conversione in oro di parte del bottino fu accolta in mal modo dalla plebe, la quale accusava anche il Senato di ritardare la colonizzazione delle fertili terre di Veio; inoltre non fu nemmeno raggiunta la quantità d’oro necessaria pari al decimo del bottino5Liv. 5, 24, 4-11; 25, 8.. Quest’ultimo problema fu risolto grazie all’intervento delle matrone romane che consegnarono i propri gioielli, così da raggiungere la quantità d’oro necessaria per la fusione di un gigantesco cratere d’oro da consacrare al tempio di Apollo di Delfi. Il Senato ricompensò le matrone concedendo il privilegio di poter utilizzare il carpentum e il pilentum, quest’ultimo per le cerimonie religiose e per i ludi6Liv. 5, 25, 9-10..
La voce di Festo e il passo di Livio sottolineano due aspetti riguardanti il pilentum: questo era un carro distinto dal carpentum e aveva un suo utilizzo prima della concessione del privilegio alle matrone. Sette secoli dopo la presa di Veio, Giulia Soemia, madre dell’imperatore Eliogabalo, ricevette dal figlio il privilegio di poter partecipare alle sedute del Senato e addirittura quello di istituire un Senaculum mulierum (senaculo delle donne) sul Quirinale con lei a capo. Giulia Soemia emanò diversi decreti sui costumi delle matrone romane tra cui una regolamentazione dell’utilizzo dei diversi carri7Scriptores Historiae Augusta: Heliogabalus, 4.4..




Servio (e Virgilio)
Servio Mario Onorato fu un grammatico della fine del quarto secolo d.C., autore di un commento delle opere di Virgilio.
«[pilentis matres in mollibus] I pilenti sono veicoli, come ora vediamo le basterne. Allora (i pilenti) erano di colore azzurro, e non rossi come (le basterne) ora; e solo le caste matrone potevano servirsene…»
Servio, Commentarius in Vergilii Aeneidos libros, 8, 666 – [Traduzione personale]
[subvehitur] specialmente: infatti le matrone erano trasportate sui pilenti per andare ai templi, come “pilentis matres in mollibus“
Servio, Commentarius in Vergilii Aeneidos libros, 11, 478 – [Traduzione personale]
I due passi di Servio confermano da una parte l’utilizzo del pilentum per le cerimonie religiose, dall’altro che al tempo di Servio questi carri erano quasi scomparsi. Simile al pilentum era la basterna, anche se il colore era diverso e non era più utilizzato esclusivamente dalle matrone. La basterna era una portantina coperta da stoffe sui lati8Anthologia Latina, 101 R, trainata dai buoi o dai muli, utilizzata per il trasporto delle donne nobili9Una lettera di Simmaco tramanda l’utilizzo di basternae anche da parte di uomini, il guidatore … Continue reading dal terzo-quarto secolo al tardo Medioevo10Questa parola compare esclusivamente in autori del tardo impero. SHA Heliogab, 21; Ammiano … Continue reading. Dante chiama basterna la biga trainata da un grifone che conduce Beatrice al paradiso terrestre11Dante, Purgatorio, 30, 16..




Isidoro di Siviglia (e Orazio e Virgilio)
«Il carpentum, ossia il carpento, è un genere di veicolo processionale, quasi carrum pompaticum. […] Il pilentum ed il petorritum sono veicoli coperti a quattro ruote usati un tempo dalle matrone […] Anticamente, i pilenta erano di colore azzurro, non rossi, come oggi. Solo le caste matrone potevano servirsene, così come accadeva con le vittae. La basterna, ossia la lettiga, è un veicolo.»
Isidoro di Siviglia, Originum sive etymologiarum libri XX, 20, 12, 3-5. – [Traduzione tratta da edizione UTET a cura di Angelo Valastro Canale.]
Isidoro di Siviglia, autore del settimo secolo, non solo riporta il passo di Servio, ma affianca il petorritum al pilentum citando rispettivamente un passo di Orazio12Orazio, Sermonum Libri II, 1, 6, 103-104. e uno di Virgilio13Virgilio, Aeneis, 8, 666.. Il petorritum (o petoritum) era un veicolo a quattro ruote di origine gallica14Plinio il Vecchio affianca due carri al petorritum: l’essedum, ossia il carro da guerra a due … Continue reading, confuso dal volgo con il carpentum15Pseudo-Arcone, Commentarii in Q. Horatium Flaccum: Sermonum Libri II, 1, 6, 104 Hathval II p. 123. o con il semplice currus16Carro a due ruote. Porfirione, Commentarii in Q. Horatium Flaccum: Sermonum Libri II, 1, 6, 104 … Continue reading, dato la sua enorme diffusione17Ausonio, Epistulae, 5, 35; 8, 5; Commentator Cruquianus, in Horatium Flaccum: Epistulae, 2, 1, 196..
Per quanto riguarda il solo pilentum, Isidoro di Siviglia riporta la storia del privilegio concesso alle matrone aggiungendo che altro privilegio concesso fosse stato la vitta18Isid. Orig. 19, 30, 4; 31, 6., ossia una fascia per i capelli utilizzata dai sacerdoti, dai poeti, dai supplicanti, dalle Vestali e ovviamente dalle matrone. Simile alla vitta è l’infula: il poeta del quarto secolo Prudenzio attribuisce alle Vestali tanto l’infula quanto il pilentum19Prudenzio, Contra Symmachum, 2, 1086-1090..
Descrivere un carro in disuso
Quattro autori latini vissuti tra il secondo e il settimo secolo d.C. hanno voluto chiarire il significato della parola pilentum, presente nelle opere di alcuni loro contemporanei, ma soprattutto di autori precedenti come Virgilio, Orazio e Tito Livio. I quattro descrivono il pilentum come un carro a quattro ruote, quindi distinto dal carpentum che ne ha due; carro coperto da stoffe sui lati, trainato da animali e riservato alle matrone, privilegio concesso secoli prima. Servio e Isidoro descrivono il pilentum paragonandolo alla basterna, la quale pur essendo una lettiga, e non un carro, era utilizzato principalmente dalle donne ed era decorato da stoffe sui lati.




Ricostruire il pilentum
Nessuno autore della classicità prova a dare l’etimologia dalla parola pilentum. Se si suppone un’origine greca, questa potrebbe derivare da πῖλος, ossia lana o feltro, come i lati del pilentum coperti da stoffe. L’unico carro che per aspetto e per utilizzo sembra essere simile al pilentum è il κάναθρον/κάνναθρον (kanathron/kannathron). Questo carro di cui non sappiamo l’aspetto preciso era comune a Sparta ed era utilizzato in particolare dalle donne durante il secondo e il terzo giorno delle Giacinzie20Ateneo di Naucrati, Deipnosophistae, 4, 17, 139f.. Il kanathron è strettamente legato alla figura del re spartano Agesilao II, infatti secondo la testimonianza di Senofonte e di Plutarco, l’austerità del sovrano spartano era espressa anche dal semplice kanahtron privo di decorazioni utilizzato dalla figlia21Senofone, Agesilaus, 8, 7; Plutarco, Vitae Parallelae: Agesilaus, 19, 8; Ath. 4, 16, 138f..
Per quanto riguarda il pilentum Isidoro lo accompagna al petorritum citando Orazio, il quale afferma in altra opera che queste due tipologie di carri fossero utilizzati durante i trionfi22Orazio, Epistulae, 2, 1, 196. Il probabile pilentum di Pompei ha diversi medaglioni in bronzo e in stagno che raffigurano scene erotiche, quindi vari studiosi stanno suggerendo tanto un suo utilizzo per i riti in onore di Venere e di Cerere, oppure per i riti collegati al matrimonio. In quest’ultimo caso due autori collegano il pilentum al matrimonio: il poeta del quarto secolo Claudiano23Claudiano, Epithalamium de nuptiis Honorii et Mariae, 286. e quello del sesto secolo Venanzio Fortunato. Quest’ultimo descrive un pilentum utilizzato dalla sfortunata principessa visigota Gelesvinta durante il viaggio verso il futuro marito (e assassino) Chilperico, re franco di Neustria24Il carro utilizzato dalla madre di Gelesvinta, la regina Gosvinta, è descritta come una generica … Continue reading.
Paolino di Nola, autore cristiano del quarto secolo, descrive il pilentum e il carpentum decorati da stoffe dorate25Paolino di Nola, Epistulae, 29, 12, 8.; mentre il contemporaneo pagano Macrobio cita Verrio Flacco per illustrare l’origine di tale decorazione.
«Verrio Flacco narra che una pestilenza travagliava il popolo romano; l’oracolo aveva risposto che ciò accadeva perché si faceva dispregio agli dèi guardandoli dall’alto, e la città era piena di ansia, in quanto non si riusciva a capire l’oracolo. Nel giorno dei giochi nel circo però un fanciullo che guardava la processione dall’alto delle gradinate riferì al padre l’ordine nel quale aveva visto gli oggetti segreti del rito sacro disposti nello scrigno del carro (arca pilenti); il padre comunicò l’accaduto al senato, e si decise di ricoprire di veli i luoghi ove passava la processione. Così la peste cessò, e il fanciullo che aveva risolto l’ambiguità dell’oracolo ottenne l’onore di portare la toga pretesta.»
Macrobio, Saturnalia, 1, 6, 15 – [Traduzione tratta da edizione UTET a cura di Nino Marione]
Risorse
- perseus.org per l’opera di Servio.
- archive.org per l’opera di Festo e per quella dei commentatori di Orazio (I–II).
- pompeiisites.org per le fotografie.
Note
↑1 | Divinità patrona degli Etruschi di Veio. Il passo di Livio è una delle prime descrizioni della evocatio, ossia il rito religioso dove il comandante supremo dell’esercito romano letteralmente “invitava” le divinità protettrici della città nemica ad abbandonare la città e a suscitare paura e terrore negli abitanti, attraverso la promessa di un tempio e di un culto a Roma. |
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↑2 | Tito Livio, Ab urbe condita, 5, 21, 1-3. |
↑3 | Liv. 5, 22, 7; 23, 7; 31, 3. |
↑4 | Liv. 5, 23, 8-11; 25, 5-8. |
↑5 | Liv. 5, 24, 4-11; 25, 8. |
↑6 | Liv. 5, 25, 9-10. |
↑7 | Scriptores Historiae Augusta: Heliogabalus, 4.4. |
↑8 | Anthologia Latina, 101 R |
↑9 | Una lettera di Simmaco tramanda l’utilizzo di basternae anche da parte di uomini, il guidatore era infatti chiamato basternarius. Simmaco, Epistulae, 6, 15. |
↑10 | Questa parola compare esclusivamente in autori del tardo impero. SHA Heliogab, 21; Ammiano Marcellino, Rerum Gestarum Libri, 14, 6, 16; Palladio, Opus agriculturae, 7, 2; Girolamo, Epistulae, 22, 16; Isidoro di Siviglia, Originum sive etymologiarum libri XX, 20, 12, 5. |
↑11 | Dante, Purgatorio, 30, 16. |
↑12 | Orazio, Sermonum Libri II, 1, 6, 103-104. |
↑13 | Virgilio, Aeneis, 8, 666. |
↑14 | Plinio il Vecchio affianca due carri al petorritum: l’essedum, ossia il carro da guerra a due ruote, e l’identificabile colisata; inoltre sostiene che i Galli decorassero tali carri con lo stagno. Aulo Gellio, citando Varrone; e Quintiliano sostengono che la parola petorritum abbia origine gallica. Festo propone oltre all’origine gallica anche quella osca ed etolica, quest’ultima scompare nell’epitome di Paolo Diacono. Plinio il Vecchio, Historia Naturalis, 34, 48, 164; Quintiliano, Institutio oratoria, 1, 5, 57; Festo, De verborum significatu, De Ponor p. 250; Aulo Gellio, Noctes Atticae, 15, 30; Paolo Diacono, Epitome Festi, De Ponor p. 251. |
↑15 | Pseudo-Arcone, Commentarii in Q. Horatium Flaccum: Sermonum Libri II, 1, 6, 104 Hathval II p. 123. |
↑16 | Carro a due ruote. Porfirione, Commentarii in Q. Horatium Flaccum: Sermonum Libri II, 1, 6, 104 Havthal II p. 133. |
↑17 | Ausonio, Epistulae, 5, 35; 8, 5; Commentator Cruquianus, in Horatium Flaccum: Epistulae, 2, 1, 196. |
↑18 | Isid. Orig. 19, 30, 4; 31, 6. |
↑19 | Prudenzio, Contra Symmachum, 2, 1086-1090. |
↑20 | Ateneo di Naucrati, Deipnosophistae, 4, 17, 139f. |
↑21 | Senofone, Agesilaus, 8, 7; Plutarco, Vitae Parallelae: Agesilaus, 19, 8; Ath. 4, 16, 138f. |
↑22 | Orazio, Epistulae, 2, 1, 196 |
↑23 | Claudiano, Epithalamium de nuptiis Honorii et Mariae, 286. |
↑24 | Il carro utilizzato dalla madre di Gelesvinta, la regina Gosvinta, è descritta come una generica quadriga dipinta da muli. Venanzio Fortunato, Carmina, 6, 5, 181-186. |
↑25 | Paolino di Nola, Epistulae, 29, 12, 8. |